Garlasco, tutti i dubbi degli inquirenti sulle impronte nella villetta: «Errore clamoroso sulle scarpe, rilievi da rifare»


Quella suola «a pallini» trovata all’inizio delle scale della villetta di via Pascoli, a Garlasco, è di nuovo al centro delle indagini della procura di Pavia. Perché se nella sentenza definitiva di condanna di Alberto Stasi, allora fidanzato con la vittima Chiara Poggi, l’orma era attribuita con certezza alle Frau numero 42 del giovane bocconiano, dalla riapertura delle indagini anche questa certezza è crollata. Tra le ipotesi dei pm lombardi ci sarebbe la compatibilità dell’impronta con altre misure, in particolare con il 44 calzato dall’indagato Andrea Sempio, amico del fratello della 26enne uccisa il 13 agosto 2007 e indagato per omicidio volontario in concorso con ignoti.
Le analisi sulle tracce di scarpe: l’orma «femminile» e l’errore degli investigatori
La procura, guidata da Fabio Napoleone, ha già disposto tutti gli accertamenti del caso. Non solo sulla «Frau numero 42», ma su tutte le impronte di scarpe repertate all’epoca delle prime indagini. Tra cui quella «parziale del numero 36/37 che si ritiene femminile», come già aveva anticipato negli scorsi giorni Antonio De Rensis, legale di Stasi. Ma anche in questo caso le difficoltà di analisi vanno ben oltre l’impossibilità di compiere nuovi rilievi sul campo e doversi basare solo sulle carte e sui documenti di diciotto anni fa. Secondo una annotazione dei carabinieri datata 2020, ci fu un grave errore anche su questo fronte. Molti investigatori erano entrati sulla scena del crimine senza le precauzioni del caso, inquinandola di impronte. Per questo il Ris aveva disposto l’acquisizione delle scarpe di tutti coloro che avevano avuto accesso alla villetta di via Pascoli per poter comparare le orme e escluderle. «Almeno» un investigatore, però, avrebbe consegnato e fatto analizzare «un paio di scarpe che non era quelle che indossava».
L’«impronta 33» e le ipotesi dei pm: «Sempio non scese le scale»
E sempre di scarpe e di orme si parla per quando riguarda l’impronta del palmo della mano trovata vicino al cadavere di Chiara Poggi, quel famoso «papillare 33» attribuito dalla procura di Pavia proprio ad Andrea Sempio. Già all’epoca delle prime indagini, e non solo a partire dal 2020 con il passaggio delle investigazioni ai carabinieri di Milano, quell’impronta era ritenuta quella dell’assassino. Non è detto, però, che il killer abbia dovuto scendere le scale che portavano alla tavernetta per lasciare quella traccia sul muro destro. Secondo i pm, infatti, Sempio avrebbe potuto anche solo scendere un solo gradino e affacciarsi, da in cima alle scale, poggiandosi all’intonaco e lasciando l’alone poi repertato. Una ricostruzione che, se confermata, potrebbe allinearsi con i rilievi del 2007, che parlavano di una totale assenza di orme di scarpe sulle scale che portavano al luogo dove fu ritrovato il corpo della 26enne Chiara Poggi.
L’analisi dell’impronta di Sempio e l’intonaco mancante
L’analisi dell’impronta 33 per verificare la presenza di tracce biologiche è al momento sospesa: non è ancora stato ritrovato, infatti, il pezzo di intonaco grattato via dal Ris di Parma e su cui il reparto dell’Arma aveva già condotto dei test. I pm ipotizzano che si possa trovare negli archivi proprio del Ris o che sia finito in qualche altro archivio collegato negli scorsi anni.