«Non abbiamo abbastanza patate»: perché l’economia della Russia è in crisi


L’economia russa non riesce a produrre abbastanza alimenti. E dall’aprile 2024 i prezzi di ortaggi e tuberi sono praticamente raddoppiati. Tra questi ci sono le patate, il cui prezzo è cresciuto del 133%. Ovvero cento rubli (un euro) al chilo. In un paese in cui un pensionato prende ventimila rubli mensili, ovvero 200 euro. «Alla fine abbiamo scoperto di non avere abbastanza patate», è l’ammissione che il Corriere della Sera attribuisce a Vladimir Putin. Mentre il governatore della regione di Kaliningrad, tra Polonia e paesi baltici, ha vietato per decreto proprio l’esportazione dei tuberi.
L’ipotermia
Il problema è che l’economia russia è in ipotermia. I centri studi delle banche d’affari prevedono che entro un anno l’attuale sistema collasserà. E parlano di necessità di cessate il fuoco in Ucraina prima della fine del secondo trimestre 2025. Si tratta di previsioni che da quando Mosca ha invaso Kiev si susseguono. Invece l’economia russia ha avuto capacità di resistenza superiori a quelle che le attribuiva l’Occidente. Ma con il prezzo del petrolio e quello del gas in questa situazione i nodi potrebbero giungere al pettine. Il ministro dello Sviluppo economico Maksim Reshetnikov ha ammesso la previsione di crescita dell’inflazione fino al 7,6% nel 2025 è realistica. Otto mesi fa le previsioni parlavano del 4,5%.
La Banca Centrale
Per questo il governo ha auspicato un innalzamento del costo del denaro da parte della Banca Centrale russa. Tre anni di crescita e il 4% del 2024, dovuti all’economia militare, ora sono come l’ultima fase della salita prima della discesa. E il governo pensa di spendere in difesa e sicurezza il 40% delle entrate dell’erario. Il dato più alto dai tempi dell’Urss. La governatrice Elvira Nabiullina aveva messo in evidenza una tendenza al ribasso nell’edilizia, nell’estrazione del carbone e nella siderurgia. E parlando invece di un possibile «surriscaldamento» dell’economia, aveva cercato di temperarlo fissando e mantenendo il costo del rublo al livello record dell’attuale 21%.