Manuela Murgia, perché l’indagine è stata riaperta dopo 30 anni. Il ruolo del genetista dei casi Garlasco e Yara e i due tentativi falliti


Sono passati 30 anni da quando Manuela Murgia è stata vista viva per l’ultima volta. Il caso della 16enne cagliaritana trovata senza vita nel canyon della necropoli di Tuvixeddu il 4 febbraio 1995, è stato archiviato come suicidio, tesi a cui i familiari non hanno mai creduto. E proprio loro negli anni hanno lottato per far riaprire il caso. Ma per ben due volte la sentenza è stata una e una sola: suicidio. A marzo di quest’anno la svolta: il caso è stato riaperto. E ora a distanza di tre decenni c’è anche un indagato. Si tratta di Enrico Astero, l’ex fidanzato della giovane, che oggi ha 54 anni.
Perché è stato riaperto il caso a 30 anni dalla morte della 16enne
Ma cosa ha portato gli inquirenti a riaprire un caso archiviato come suicidio per ben due volte? La svolta sarebbe arrivata proprio dal ritrovamento, nei mesi scorsi, dei vestiti della ragazza, completamente integri, ancora sigillati, in un magazzino dell’ospedale universitario di Cagliari, luogo in cui all’epoca venne eseguita l’autopsia sul corpo della giovane. Questi vestiti verranno ora sottoposti a degli accertamenti con le tecniche attuali per verificare la presenza di eventuale materiale genetico e biologico. Gli indumenti adesso si trovano nella sede del Racis di Roma, dove si terranno i «test non ripetibili».
Il ruolo del genetista Emiliano Giardina
Per la famiglia di Manuela Murgia lavorerà Emiliano Giardina, genetista e consulente della Procura di Bergamo. Giardina, figura cardine nel ponte tra scienza e indagini forensi, ha dedicato la sua carriera allo studio del DNA non solo come mappa delle malattie, ma come strumento per ricostruire verità nascoste. Infatti, oltre che per le sue ricerche cliniche, Giardina è noto anche per il suo ruolo sempre più centrale in alcuni dei casi giudiziari più controversi e mediatici del nostro tempo. A partire dall’omicidio di Yara Gambirasio. Ma non solo: nel 2024, il nome di Giardina torna nelle cronache giudiziarie con un altro caso che ha segnato l’opinione pubblica, l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco. Oggi tuttavia il genetista non si occuperà più di questo nuovo filone di indagini, dopo che il gip ha accolto l’istanza di ricusazione avanzata dalla Procura. L’esperto diede un parere sull’oggetto degli accertamenti nel corso di un intervento in tv.
L’ipotesi dell’impatto di un’auto
Nel 2024 la famiglia ha presentato un’istanza per la riapertura del caso, ma la Procura di Cagliari ha respinto la richiesta. Pochi mesi fa gli avvocati Giulia Lai e Bachisio Mele hanno presentato una nuova istanza allegando la consulenza del medico legale Roberto Demontis. E proprio in queste pagine viene ipotizzato che non si tratterebbe di suicidio o di una caduta «ma che le lesioni sarebbero compatibili con l’impatto con un auto e che, probabilmente, prima dell’incidente ci sarebbe stata una violenza sessuale e poi un occultamento di cadavere», spiegava l’avvocata Lai.
I soldi e le telefonate sospette
Anni prima, infatti, erano emersi alcuni atteggiamenti sospetti della ragazza. Innanzitutto, nei giorni precedenti la morte della giovane, i familiari avevano scoperto che Manuela nascondeva dei soldi e che riceveva strane telefonate che la gettavano in una situazione di sconforto, con pianti ininterrotti. Un ricordo riemerso già nel 2012 quando la sorella Elisabetta si recò in Procura per raccontare l’episodio. Le somme di denaro, in una quantità non normale per Manuela e per la sua famiglia, erano state trovate nascoste nella plafoniera del bagno. Ed è stato stato proprio questo particolare a far riaprire il caso allora, ma poi non vennero trovati ulteriori riscontri sulle incongruenze segnalate dalla famiglia. Entrambe le inchieste, quella del 1995 e quella del 2012, vennero archiviate. Adesso, forse, la svolta.