Stefano D’Orazio, lo sfogo di Francesca Michelon: «Un tribunale ha riconosciuto che sono sua figlia. Mi disse che aveva proposto una crociera per liberarsi di me»


«Un chiarimento dopo tanti anni di sussurri e congetture»: con queste parole si apre il lungo post pubblicato su Facebook da Francesca Michelon, la 40enne che, lo scorso 10 aprile, è stata ufficialmente riconosciuta come figlia di Stefano D’Orazio, storico batterista dei Pooh morto nel 2020, in seguito a una sentenza del Tribunale di Roma. Nel post, Michelon ripercorre i punti salienti di una complessa e dolorosa vicenda giudiziaria. Il musicista non ha mai riconosciuto legalmente la paternità, nonostante una breve frequentazione tra padre e figlia avvenuta nel 2006. Francesca è nata da una relazione tra D’Orazio e Oriana Bolletta, all’epoca sposata con Diego Michelon. Con la sentenza, i giudici non solo hanno confermato il legame biologico, ma hanno anche annullato il testamento in cui il musicista designava come unica erede la moglie, Tiziana Giardoni. «Ultimamente ho pensato molto se fosse il caso di scrivere qualcosa in merito alla vicenda un po’ particolare che mi riguarda, oppure lasciar perdere per l’ennesima volta. Non ho mai esternato nulla, perché mi sono sempre detta che, alla fine, sono questioni molto personali e so di non dover spiegazioni a nessuno», si legge nel post.
«Ringrazia tua madre se sei viva»
La vicenda ha avuto inizio nel 2006, quando Michelon, allora ventunenne, ha scoperto casualmente che il suo padre biologico non era l’uomo che l’aveva cresciuta, ma il celebre musicista. Nonostante il dolore iniziale, ha deciso di incontrare D’Orazio, sperando in un rapporto genuino. «Ci siamo incontrati per la prima volta, e lui sin da subito aveva assunto un atteggiamento decisamente goliardico con me, la primissima frase che mi aveva detto la ricordo ancora molto bene: “Ringrazia tua madre se sei viva, io le avevo proposto una crociera per liberarsi di te, menomale che non ha accettato!!!” – continua -. Per me si trattava di un’uscita divertente fatta per sdrammatizzare, ricordiamo che avevo 21 anni ai tempi, e la mia risposta era stata molto accondiscendente, ricordo di avergli detto che lo capivo, che al posto suo in molti avrebbero fatto lo stesso e che non serbavo rancore, anzi, lo capivo e non mi doveva nessuna scusa o ulteriore spiegazione. Il nostro primo incontro si era concluso con grandi sorrisi e la promessa di volerci conoscere meglio, senza alcun rancore o imbarazzo», spiega Michelon.
La battaglia legale
Dopo un breve periodo di conoscenza, lui è però scomparso dalla sua vita senza spiegazioni. Nel frattempo, ha rilasciato dichiarazioni pubbliche in cui esprimeva rammarico per non aver avuto figli, parole che la donna ha vissuto come un ulteriore rifiuto. «I nostri pochi incontri erano per lo più incentrati su racconti fatti da lui sul suo personaggio pubblico – racconta -. A conti fatti, con il senno di poi, mi rendo conto che di me aveva sempre chiesto ben poco. Ad un certo punto tra il 2007 e il 2010 so che mia madre era riuscita a parlagli, ma lui aveva detto solamente “l’ho vista agitatella, non credo sia il caso per ora” – prosegue – Io non ero agitatella».
La lettera dell’avvocato
Nel 2010, dopo anni di silenzio, Michelon ha inviato una lettera tramite avvocato, ma ha ricevuto solo un messaggio in segreteria che le chiedeva di lasciar perdere. «Passavano gli anni, e nel frattempo ho deciso di intraprendere la mia azione legale. Non per soldi, non per fama o altro, perché avrei avuto davvero tante occasioni per approfittare della situazione, e in 10 anni non ho mai fatto nulla al riguardo, ma perché, crescendo, ho compreso che un figlio non si rifiuta così, e che il segno che lascia un atteggiamento simile può essere indelebile», si legge ancora nel post. Il 9 aprile 2025, il Tribunale di Roma ha emesso una sentenza di primo grado che ha riconosciuto Francesca come figlia legittima di Stefano D’Orazio, annullando il testamento in favore della moglie Tiziana Giardoni e stabilendo un risarcimento di 60.000 euro per danno esistenziale. «Il processo è stato lungo e doloroso (anzi, i processi). Lui ha sempre fatto di tutto per rallentare o bloccare le cose. Al tempo stesso non si è mai pronunciato a riguardo, non ha mai cercato di spiegarsi o di chiedere spiegazioni», scrive.
«Adesso è stato promosso contro di me un appello»
Nonostante la vittoria legale, Michelon ha espresso il suo dolore per le sofferenze subite e per le accuse infondate ricevute nel corso degli anni. Ha sottolineato che la sua battaglia è sempre stata motivata dalla ricerca della verità e dal desiderio di essere riconosciuta per quello che è: una figlia legittima. «Il processo è così ricominciato dopo la sua scomparsa. La persona che oggi è contro di me (ed è brutto usare la parola “contro” in questi frangenti, ma è proprio così) è subentrata in una vicenda nata molto prima del suo arrivo nella sua vita, e che, quindi, non parla per esperienze dirette ma per sentito dire. Ed è stata intrapresa una guerra contro di me che va ben oltre ogni immaginabile previsione, in cui – continua -, tra le altre cose, sono stata accusata di aver provocato la sua morte. Il primo grado del processo si è chiuso in mio favore (…) Adesso è stato promosso contro di me un appello, su cui per il momento e per ovvie ragioni, non intendo entrare nel merito. Dico solo che la versione fornita va ad invertire totalmente le parti, al contrario di quanto è stato detto negli ultimi dieci anni. E temo che sia una versione che, con il tempo, possa essere condivisa anche mediaticamente», conclude.