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Dopo il Green Deal arriva il «Patto per l’industria pulita»: cosa prevede la nuova strategia verde Ue che ha messo d’accordo tutti

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Tra i «sì» ci sono anche i Verdi e Fratelli d'Italia. «Siamo favorevoli al Clean Industrial Deal perché riteniamo fondamentale avere una strategia industriale a livello europeo che vada di pari passo con la decarbonizzazione», spiega a Open Benedetta Scuderi

Comincia a prendere corpo la fase due dell’agenda verde europea. Giovedì 19 giugno, a Strasburgo, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sul Clean Industrial Deal, l’ambizioso «Patto per l’energia pulita» che mira a rilanciare gli obiettivi di sostenibilità del Vecchio Continente e accompagnare le imprese – in particolare quelle che operano nell’industria pesante – nel percorso verso le zero emissioni. Il via libera dell’eurocamera è arrivato a larga maggioranza – 381 voti favorevoli, 173 contrari e 13 astenuti – e ha compiuto una sorta di miracolo politico: ottenere il sostegno sia dei Verdi sia degli eurodeputati di Fratelli d’Italia.

L’«erede» del Green Deal

Il Clean Industrial Deal rappresenta uno dei provvedimenti-simbolo della nuova legislatura europea ed è stato presentato lo scorso febbraio da Teresa Ribera, la commissaria europea a cui Ursula von der Leyen ha affidato il delicatissimo incarico di bilanciare le politiche per la competitività e quelle per la sostenibilità. L’approvazione del patto per l’industria pulita dà il via, di fatto, alla fase due dell’agenda verde europea, che vede Bruxelles confermare la volontà di tirare dritto sulle politiche ambientali e climatiche ma con un occhio di riguardo in più per le richieste che arrivano dal mondo delle aziende.

Il terreno politico su cui si muove l’Ue è piuttosto accidentato. Da un lato ci sono i Popolari, di centrodestra, che spingono per semplificare o rivedere alcuni provvedimenti particolarmente ambiziosi del Green Deal approvati nella scorsa legislatura. Dall’altro ci sono i Socialisti, che apprezzano l’impegno della Commissione europea di non rinunciare alle politiche verdi ma non vedono di buon occhio il revisionismo legislativo auspicato dai loro compagni di coalizione. Eppure, al di là di qualche dissidio sui singoli dossier, il Clean Industrial Deal sembra essere riuscito nell’impresa di mettere d’accordo tutte le anime della maggioranza. Anzi, pure qualcosa di più.

EPA/Olivier Hoslet | Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva della Commissione Ue con delega alla Transizione ecologica

Chi è a favore e chi è contro

A Strasburgo, infatti, hanno votato a favore non solo Socialisti, Popolari e Liberali, ma anche dei Verdi, che lo scorso anno hanno votato la fiducia a von der Leyen ma non fanno parte della maggioranza. A bocciare il Clean Industrial Deal sono invece i gruppi che siedono ai due estremi dell’emiciclo: la sinistra di The Left (di cui fa parte il M5s), che considera il nuovo piano industriale un passo indietro rispetto al Green Deal, e i Patrioti (di cui fa parte la Lega), con l’eurodeputato Paolo Borchia che ieri in aula ha parlato di «morte annunciata» dell’industria europea. A differenza di quanto accaduto con il Green Deal, insomma, il nuovo piano Ue per l’industria pulita ha raccolto sia il consenso degli ambientalisti che di una parte – seppur esigua – delle destre. Tra gli eurodeputati italiani: quelli di Pd, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Verdi hanno votato a favore, mentre Lega ed M5s hanno votato contro.

«Siamo favorevoli al Clean Industrial Deal perché riteniamo fondamentale avere una strategia industriale a livello europeo che vada di pari passo con la decarbonizzazione», spiega a Open Benedetta Scuderi, europarlamentare dei Verdi. Il «sì» del suo gruppo è arrivato nonostante ci siano alcuni punti della proposta della Commissione europea su cui i Verdi non sono del tutto d’accordo. «Una cosa che vorremmo sicuramente inserire è un percorso più chiaro per l’uscita dalle fonti fossili. In più, vorremmo vedere un’attenzione permeante alla questione sociale: noi vogliamo reindustrializzare non solo per la competitività ma anche per creare posti di lavoro e fare una transizione giusta, con una governance trasparente del processo e senza delocalizzazioni», insiste ancora Scuderi.

Al voto di oggi in aula ha votato a favore anche la delegazione di Fratelli d’Italia. «Nonostante alcuni elementi ecologici aggiunti dai progressisti, il testo è piuttosto equilibrato», spiega a Open l’eurodeputata Elena Donazzan. Il «sì» dei Conservatori – o almeno di una parte – è arrivato grazie alla disponibilità dei Popolari di inserire nella risoluzione votata oggi alcuni elementi a loro cari. Tra questi, Donazzan cita «la neutralità tecnologica, l’importanza dell’energia nucleare e dei piccoli reattori modulari, il ruolo del gas naturale, la cattura e lo stoccaggio del carbonio e l’idrogeno a basse emissioni di carbonio.

EPA/Ronald Wittek | Il Parlamento europeo durante una sessione plenaria a Strasburgo

Cosa prevede il Clean Industrial Deal

Il Clean Industrial Deal, in italiano «Patto per l’industria pulita», è un maxi-provvedimento attraverso cui la Commissione europea punta a coniugare le politiche di rilancio della competitività e quelle per la protezione dell’ambiente e del clima. Per farlo, Bruxelles stima di mobilitare circa 100 miliardi di euro di finanziamenti, che finiranno soprattutto nelle tasche delle aziende dell’industria pesante, quelle che più faticano a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e centrare gli obiettivi europei. In termini più concreti, la nuova strategia dell’esecutivo Ue punta ad abbassare le bollette per le imprese, accelerare la produzione di energia pulita (rinnovabili e nucleare) e stimolare la produzione in Europa delle cosiddette clean tech, come pannelli solari, pale eoliche, pompe di calore e auto elettriche.

Foto copertina: Dreamstime/Tomas1111

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