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Femminicidio solo se la donna uccisa ha reagito a un «rifiuto», l’idea firmata anche da Giulia Bongiorno. L’allarme: «Così più appigli per evitare condanna»

giulia bongiorno femminicidio emendamenti rifiuto
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La proposta arriva dalla presidente della Commissione Giustizia al Senato di FdI e dalla senatrice della Lega, Susanna Campione. I rischi, secondo gli addetti ai lavori, che la modifica crei troppi «appigli per evitare la condanna»

Il femminicidio potrebbe diventare un reato conseguente solo al «rifiuto» della vittima. Il disegno di legge proposto dal governo, all’esame in Commissione Giustizia al Senato proprio in questi giorni, potrebbe infatti subire importanti modifiche. Tra tutte, l’emendamento che più fa discutere è quello presentato proprio dalle relatrici del Ddl, la presidente della commissione Giulia Bongiorno, della Lega, e Susanna Campione di Fratelli d’Italia. Nella fattispecie, la modifica che potrebbe ridurre il campo d’azione del reato, che sussisterebbe solo nel caso un cui l’uccisione della donna fosse conseguenza di un rifiuto, come riporta Il Fatto Quotidiano.

L’introduzione del «rifiuto»

Già a marzo 2025 il femminicidio era diventato reato autonomo con un Ddl del governo Meloni. La novità più significativa era stata l’introduzione dell’articolo 577-bis, che introduceva il femminicidio come aggravante punibile con l’ergastolo. Il testo del disegno di legge riportava che poteva essere punito con l’ergastolo chi uccida una donna «come atto di discriminazione o di odio» verso la vittima «in quanto donna», oppure «per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità». Con la modifica proposta dalle due senatrici, le cose potrebbero cambiare. Il reato si applicherebbe come «conseguenza del rifiuto» della donna «di stabilire o mantenere una relazione affettiva» oppure «di subire una condizione di soggezione o comunque una limitazione delle sue libertà individuali, imposta o pretesa in ragione della sua condizione di donna». Lo stesso, in base all’emendamento, varrebbe per le aggravanti previste dal provvedimento per altri reati, come maltrattamenti in famiglia, lesioni, o stalking.

La critica degli esperti: difficile stabilire il confine

Gli addetti ai lavori durante le audizioni in Commissione hanno espresso la propria perplessità riguardo alla possibile modifica. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi, magistrato esperto di violenza di genere, sottolinea la difficoltà giuridica di fornire una prova adeguata di un aspetto psicologico come, in tal caso, la volta di sopprimere la libertà di una donna. Un altro problema del suddetto emendamento risiederebbe nel fatto che i margini della fattispecie sarebbero troppo ampi e questo potrebbe favorire la difesa nell’evitare la condanna per femminicidio, in favore di quella per omicidio, che prevede una pena base di 21 anni. Il rischio è l’impossibilità di applicare il testo del disegno di legge qualora si verifichi un femminicidio non riconducibile a un rifiuto.

Critico anche il professor Gian Luigi Gatta, ordinario di Diritto penale all’Università Statale di Milano, secondo cui «i margini di fattispecie», con quella modifica, sarebbero «eccessivamente ampi e non sufficientemente definiti». Al punto da offrire alle difese «molti appigli per evitare la condanna per femminicidio in favore di quella di omicidio», quindi partendo da una pena base di 21 anni in caso di condanna.

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