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Richiamata dall’esercito israeliano mentre studia alla Statale di Milano, stop a pochi giorni dalla laurea: «Agevolata da esami online vietati»

studentessa israeliana unioversità milano
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Iscritta alla facoltà di Medicina, doveva laurearsi il 4 luglio. L'ateneo milanese ha fatto scattare le verifiche interne. Intanto le associazioni studentesche si schierano contro tutti, comrpesa la ragazza

Era partita per prestare servizio da riservista nell’esercito israeliano, ma non aveva smesso di frequentare i corsi di Medicina della Statale di Milano, continuando anche a dare gli esami a distanza. Una pratica contestata dall’ateneo, che ha annullato la discussione di laurea a poche settimane dal 4 luglio, quando era prevista. La studentessa aveva lasciato l’Italia nel 2024, perché richiamata in patria a prestare servizio militare in ambito sanitario. L’ateneo, almeno in un primo momento, le aveva concesso di frequentare le lezioni e dare gli esami a distanza. La ragazza avrebbe dovuto concludere il ciclo di studi il 4 luglio, ma, all’ultimo, un decreto rettorale ha annullato le tre prove che la giovane ha sostenuto online. La motivazione? La didattica a distanza sarebbe permessa, ma gli esami online no.

Il cavillo che ha impedito la laurea

Quando la ragazza è stata richiamata in Israele per prestare servizio come riservista in ambito sanitario, ha ottenuto il permesso di accedere alla didattica a distanza dall’International Medical School, il corso di medicina in inglese a cui la ragazza risulta iscritta. Una deroga di un anno durante la quale la ragazza ha frequentato i corsi online e ha dato tre esami a distanza. Ma adesso, in base a quanto stabilito dall’Università degli Studi di Milano, quegli esami non sarebbero validi. Quella degli esami online, infatti, sarebbe una pratica che era stata prevista solo durante la pandemia, e che non contempla eccezioni in tempi di guerra, neppure nell’ultima circolare ministeriale a proposito, quella del 7 novembre 2023. Resta da chiarire come mai l’intoppo non sia venuto a galla prima.

La replica dell’Università degli Studi di Milano

L’ateneo meneghino ha fatto sapere che si tratta probabilmente di un «errore di interpretazione da parte dei docenti», come riportato da Il Giorno. Per questo, gli insegnanti avrebbero permesso alla studentessa di sostenere gli esami online, che sarebbero risultati non validi solo «all’esito di un controllo di prassi». Intanto, la studentessa si è rivolta a dei legali, sostenendo di esser stata vittima di un atteggiamento discriminatorio. L’ateneo, dal canto suo, si difende in una nota, prendendo «le distanze da ogni tentativo di strumentalizzazione politica della vicenda», come si legge in una nota diffusa dall’università. La ragazza, peraltro, non era l’unica riservista israeliana ad aver fatto richiesta per l’accesso alla didattica online. È stato accordato unicamente a lei perché era la sola, di quattro, ad operare in ambito sanitario.

La posizione dei comitati studenteschi

Intanto, i comitati studenteschi come Studenti Indipendenti, l’Unione degli Universitari e Unisì, si sono schierati contro la ragazza, facendo della vicenda un caso politico. Le associazioni sostengono che frequentare i corsi in presenza sia un requisito necessario nel caso della facoltà di Medicina. Secondo i comitati, «sembrano esserci ragioni più importanti di altre per salvaguardare la carriera accademica degli studenti. E perché queste ragioni sussistono per tutelare un esercito accusato di crimini contro l’umanità?», si domandano in una nota.

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