Il boom illusorio grazie a Sinner e Alcaraz, la terribile mazzata di Trump. Nike archivia un anno terribile e inizia a portare via tutto dalla Cina


L’unica buona notizia di quest’anno per la Nike è arrivata dalla finale del Roland Garros di tennis, così amara per gli italiani. Ma non appunto per il marchio del colosso dell’abbigliamento sportivo americano divenuto da lustri l’azienda simbolo della globalizzazione. «Nike Digital», ha spiegato in una conference con gli analisti Elliott J. Hill, Presidente e CEO del colosso, «ha pubblicato i look pre, durante e post-partita di Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, con un aumento del 30% delle vendite giornaliere. Assortimenti orientati al consumatore e allo sport, storytelling immediato e presentazioni di alto livello in un mercato segmentato e differenziato: questi sono alcuni dei molti aspetti su cui competiamo brand per brand, sport per sport, area geografica per area geografica. La verità è che siamo in lotta in ogni sport in cui siamo presenti e ogni sport ha concorrenti diversi».

E quel che è accaduto con Alcaraz e Sinner si è ripetuto con la mezzofondista kenyota Faith Kipyegon, che vestita di Nike, ha cercato senza riuscirvi di correre il miglio in meno di 4 minuti (Breaking4), abbassando comunque il record del mondo. E anche quando il golfista simbolo dell’azienda, l’irlandese Rory McIlroy, vincendo l’Augusta Master, è diventato il sesto uomo nella storia di quello sport a completare il Career Grand Slam proprio davanti agli occhi entusiasti del numero uno di Nike.

La mazzata da un miliardo di dollari assestata da Donald Trump sull’azienda americana
Se gli eroi dello sport sotto contratto hanno dato un po’ di fiato alle casse dell’iconico marchio, i dazi di Donald Trump sono stati un ciclone sui conti dell’azienda, che già stava registrando problemi, e ora ha chiuso il suo bilancio 2024-2025 al 31 maggio scorso con un calo del 10% del fatturato e un vero crollo del 44% degli utili. «Con le nuove tariffe doganali in vigore oggi», ha infatti spiegato Matthew Friend, vicepresidente esecutivo e direttore finanziario di Nike, «stimiamo un aumento incrementale dei costi lordi di circa 1 miliardo di dollari». I problemi causati dai dazi riguardano soprattutto le importazioni dai siti produttivi in Cina, che secondo quanto annunciato dal management nella conference con gli analisti verranno tutti chiusi e trasferiti in altri paesi asiatici entro la fine del 2026. Ma i guai della Nike non vengono solo dalle tariffe e quindi dalle importazioni, ma proprio dalla caduta delle vendite in vari mercati del mondo.
La caduta dei mercati mondiali indipendente dai dazi, soprattutto in Europa e Cina
Il quadro che hanno fornito i massimi dirigenti di Nike davanti agli investitori di Barclays Bank, Goldman Sachs Group, Morgan Stanley, UBS Investment bank, JPMorgan Chase & Co e altre banche, è stato per tutti quasi raggelante. «Nella Grande Cina, il fatturato del quarto trimestre è diminuito del 20%, sostanzialmente in linea con il nostro piano. Nike Direct ha registrato un calo del 15%, con Nike Digital in calo del 31% e i negozi Nike in calo del 6%. Il commercio all’ingrosso è diminuito del 24%. L’EBIT è diminuito del 45% (…) Nell’APLA (Asia, Pacific, Latin America ndr), il fatturato del quarto trimestre è diminuito del 3%, NIKE Direct è sceso dell’1% con NIKE Digital in calo del 6% e i negozi NIKE in crescita del 4%. Il wholesale è diminuito del 5%. L’EBIT è diminuito del 33% su base riportata. L’APLA ha registrato risultati contrastanti nei vari paesi e sono necessari ulteriori interventi per ripulire le scorte (…) Nella regione EMEA (Europa, Medio Oriente ed Africa, ndr), il fatturato del quarto trimestre è diminuito del 10%, NIKE Direct è sceso del 19% con NIKE Digital in calo del 36% e i negozi NIKE in crescita del 5%. Il settore wholesale ha registrato un calo del 4%. L’EBIT è diminuito del 41%».

Ora nuovi modelli, pulizia dei magazzini e appesi a Sinner e Alcaraz
Di fronte a questa caduta del mercato Nike ha deciso di pulire decisamente i magazzini, specie quelli delle calzature, e rinnovare i modelli in vendita. Ma ci vorrà più di un anno: «Nell’anno fiscale 2025 abbiamo compiuto progressi significativi nella riduzione delle nostre linee di calzature classiche, con un calo di oltre il 20% rispetto all’anno precedente. Nel quarto trimestre, questi cali hanno subito un’accelerazione, superando il 30% e rappresentando un calo di quasi 1 miliardo di dollari di fatturato. Abbiamo inoltre chiuso il quarto trimestre con un calo di circa 10 punti rispetto al picco in percentuale sul nostro mix totale di calzature. Prevediamo che queste difficoltà continueranno per tutta la prima metà dell’anno fiscale 2026 (…) Nei prossimi due trimestri, NIKE continuerà a liquidare le eccedenze di magazzino attraverso i nostri negozi value e partner selezionati. Nella seconda metà dell’anno, prevediamo quindi un leggero calo dei ricavi, in seguito all’aggressiva attività di liquidazione dell’anno precedente. Continuiamo a prevedere un calo a doppia cifra del traffico digitale nell’anno fiscale 2026, poiché stiamo riposizionando NIKE Digital come modello a prezzo pieno e riducendo il mix dei nostri franchise di calzature classiche». E nella transizione Nike spera ancora nei suoi campioni, primi di tutti Jannik Sinner e Carlos Alcaraz. Gli unici che possono tirare su le vendite.