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Tor Vergata, la chirurga insultata in sala operatoria: «Mai ricevute scuse». Poi la frecciata all’Ordine dei medici: «Mi aspettavo una presa di posizione»

29 Giugno 2025 - 16:38 Ugo Milano
Nei giorni scorsi, è diventata virale una clip dove il suo superiore Giuseppe Sica la sgridava pesantemente nel mezzo di un'operazione. Ora Marzia Franceschilli racconta la sua posizione

«Mi sarei aspettata parole e prese di posizione chiare da parte dell’Ordine dei medici e di alcune società scientifiche. Invece, ho trovato un silenzio inquietante. Sono vittima di un’ingiustizia, ma non mi arrendo». Sono le parole di Marzia Franceschilli, la chirurga del Policlinico di Tor Vergata (Roma) insultata durante un intervento chirurgico dal primario Giuseppe Sica e la cui scena è diventata virale sui social nei giorni scorsi. In un’intervista al Corriere della Sera, la dottoressa racconta cos’è successo dopo che quella clip è andata su tutti i social quel 6 giugno. Innanzitutto le scuse: mai ricevute, riferisce. Ma non si butta giù, anzi.

«Non voglio che definisca la mia carriera»

«Dover parlare pubblicamente di un’aggressione subita in sala operatoria non era nei miei piani, né nei sogni di studentessa. Ma non voglio permettere che questo episodio definisca la mia carriera. Ho lavorato duramente, ho conseguito un master, sono a metà del mio dottorato di ricerca, ho sempre creduto nella formazione, nella competenza, nel merito», dichiara la chirurga a colloquio con Margherita De Bac. «Oggi mi sento ancora più motivata a costruire un ambiente di lavoro sicuro, giusto e aperto, soprattutto per le nuove generazioni di chirurghi», prosegue la dottoressa.

«La chirurgia? È un mondo maschile»

A suo avviso, in tutta questa faccenda, nello sfondo c’è anche una componente di genere. «Credo che il genere abbia un peso. Non in senso esclusivo, ma strutturale. La chirurgia è ancora un mondo fortemente maschile, con dinamiche di potere radicate, in cui troppo spesso l’autorità diventa autoritarismo e il talento femminile viene vissuto come una minaccia», commenta. «Le donne che emergono sono spesso percepite come scomode, e non sempre c’è spazio per il confronto aperto e rispettoso. Ma questo non vuol dire che non si possa cambiare: vuol dire che è urgente farlo», aggiunge.

«La Regione Lazio ha capito la gravità»

Nonostante l’assoluzione del primario da parte del collegio dei garanti, Franceschilli mantiene ferma la sua posizione e affida alla sua testimonianza un messaggio più ampio: «Ho piena fiducia nella giustizia e nella Regione Lazio, che ha compreso la gravità dell’accaduto e ha mostrato attenzione concreta. Credo profondamente che la verità emergerà in tutte le sedi opportune. Provo un senso di responsabilità: verso me stessa, verso i miei colleghi, verso gli specializzandi e i giovani che guardano al nostro lavoro con passione e fiducia», afferma. E conclude: «La violenza, verbale o fisica, non va mai accettata o minimizzata. È un principio che non può essere negoziato».

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