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Pugni e schiaffi ai pazienti disabili, la rabbia di una madre: «La psicologa mi disse di non credere a mio figlio»

30 Giugno 2025 - 09:48 Ugo Milano
pugni schiaffi psicologa racconto madre
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Dieci giorni fa gli arresti nella Comunità Mauriziana di Luserna San Giovanni, nel Torinese. Nelle intercettazioni pubblicate dalla Stampa, la donna ha scoperto il nome del figlio e ha capito che ciò che raccontava era vero

Non erano certo manovre di contenimento per trattare i pazienti con disabilità psichiche, quelle che gli operatori sanitari svolgevano all’interno della Comunità Mauriziana di Luserna San Giovanni, nel Torinese. Sono filmati e le intercettazioni a inchiodare il personale della struttura: «Quando c’erano Francesco e Mauro (nomi di due ragazzi in cura nella Comunità, ndr), Basaglia si sarebbe rivoltato nella tomba», si dicevano tra di loro. Pugni, calci, maltrattamenti verbali e fisici di ogni genere: sono il filo rosso che unisce queste parole ai racconti di alcuni pazienti. Tra questi c’è proprio quel Francesco, come spiega la madre alla Stampa.

Il racconto del figlio e le rassicurazioni della psicologa: «È disabile»

«Sono distrutta e piena di rabbia. Perché nostro figlio Francesco ci aveva raccontato – certo coi limiti di un ragazzo che ha disabilità psichiche – che veniva maltrattato. Aveva fatto capire che subiva schiaffi e pugni. E noi non gli abbiamo creduto fino in fondo», dice la madre. Racconta di essere andata a parlare con il personale della struttura e con la psicologa, ma la risposta è stata spiazzante: «Ci ha convinto che – in considerazione delle problematiche di mio figlio – non avremmo dovuto fidarci di quel racconto». E la scoperta che una delle vittime di quel sistema di maltrattamenti fosse proprio suo figlio è avvenuta solo tramite il nome, comparso tra le notizie dei giornali mentre si parlava della “comunità degli orrori”.

I dialoghi intercettati e le denunce ai pazienti per aggressione: «Se ci sono le telecamere, tutti a casa»

«Tutti a casa, se ci sono le telecamere tutti a casa! Se ci sono da un mese o due o comunque se ci fossero da quando c’era Francesco tutti a casa: proprio perché quello gli dava calci pugni tutto, ma poi anche verbalmente non siamo in regola verbalmente». È il 29 maggio, una ventina di giorni prima degli otto arresti, e gli operatori sanitari parlano così, ignari che quelle telecamere erano già state installate. È l’esatto opposto rispetto a quello che quegli stessi operatori hanno sostenuto di fronte ai genitori di Francesco. Anzi, in passato un Oss aveva addirittura denunciato il giovane con disabilità psichica per una presunta aggressione: «Capisce? Questi lo prendevano a calci e pugni e poi mio figlio veniva denunciato…», si meraviglia la madre.

La denuncia dei genitori e il timore di casi sommersi

Francesco aveva raccontato tutto, ma «quando si è genitori di ragazzi così problematici si tende di per sé ad ascoltare con prudenza ciò che raccontano». Le false rassicurazioni del personale avevano fatto il resto: «Ci hanno risposto che aveva avuto atteggiamenti aggressivi in più occasioni e che quindi bisognava contenerlo. La domanda è: cosa c’entrano schiaffi, pugni e mortificazioni con i protocolli di gestione del paziente?». Nei giorni scorsi la famiglia di Francesco ha sporto denuncia per maltrattamenti: «Credevamo di aver consegnato Francesco in mani sicure, preparate e soprattutto rispettose della sua disabilità e di un’umanità già ferita da un destino per nulla benevolo. E invece è andata diversamente».

Prima, però, papà e mamma si sono recati nella comunità in cui Francesco risiede da settembre 2024 e si sono fatti raccontare di nuovo tutto. La registrazione del dialogo è stata affidata ai carabinieri, con la convinzione che i sette casi di pazienti picchiati in quella comunità siano solo la punta dell’iceberg.

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