Il Dalai Lama sfida la Cina: «Ci sarà un successore». Chi può essere eletto


Ci sarà un altro Dalai Lama. Dopo anni di chiacchiericci e discussioni, la 14esima guida religiosa della comunità tibetana ha anticipato che alla sua morte verrà nominato un successore. A darne comunicazione è stato Tenzin Gyatso a quattro giorni dal suo 90esimo compleanno, in un messaggio dall’Himalaya indiana dove si è rifugiato dal 1950 dopo l’occupazione cinese del Tibet. Dopo anni in cui il Dalai Lama aveva sposato una linea più moderata, riconoscendo l’impossibilità di una lotta per l’indipendenza da Pechino, un nuovo strappo al controllo del Dragone. Anche perché – ci ha tenuto a specificare il Dalai Lama – la 15esima guida sarà scelta «da un Paese libero». Insomma, non la Cina.
Chi è il Dalai Lama: il ruolo nella lotta contro la Cina e il Nobel per la pace
Nato il 6 luglio 1935 nel Tibet nordorientale, Tenzin Gyatso come da tradizione venne individuato molto presto come successore designato del 13esimo Dalai Lama. A pochi anni venne riconosciuto infatti come la reincarnazione del precedente leader e iniziò a seguire un percorso monastico buddista che lo portò alla guida del popolo a solo 15 anni. Proprio quando, nel 1950, le truppe cinesi invasero la regione prendendone il controllo.
Il Dalai Lama lasciò il Paese, con altre centinaia di migliaia di persone, solo nel 1959 e si stabilì nella città indiana di Dharamsala, dando vita a un vero e proprio governo in esilio dal monastero di McLeod Ganj. Nel 1989 vinse il Premio Nobel per la pace, assurgendo a simbolo globale della lotta per la libertà. Dopo quasi cinquecento anni di tradizione, iniziata con il primo Dalai Lama nel lontano 1587, nel 2011 rinunciò alla carica politica dedicandosi esclusivamente al suo ruolo di capo spirituale.
Come sarà scelto il prossimo Dalai Lama
Il processo di scelta del successore inizierà alla morte dell’attuale leader tibetano. Come ha dichiarato lo stesso Tenzin Gyatso, a occuparsene sarà il «Ganden Phodrang Trust, l’ufficio di Sua Santità il Dalai Lama». Il processo, tramite studi di astrologia e analisi di presunte visioni mistiche, porterà all’individuazione di un bambino ritenuto la sua reincarnazione. Ma chi sarà preso in considerazione? Discostandosi nettamente dalle usanze, Gyatso ha allargato la possibilità a un successore già adulto e non per forza uomo. Non solo. Potrebbe diventarlo chiunque «sia nato nel mondo libero», quindi non per forza uno dei 140mila esuli tibetani.
Il timore delle ingerenze cinesi e il caso del bambino rapito da Pechino
Il timore è, però, che Pechino cerchi in qualche modo di pilotare la selezione per favorire un candidato più vicino alla linea cinese. O che si arroghi una sorta di diritto di veto sul successore designato. Anche per questo il Dalai Lama ha specificato: «Nessun altro ha l’autorità di intromettersi in questa questione». Già nel 1995, quando un bambino di 6 anni fu nominato Panchen Lama (la seconda figura religiosa nel Tibet), la Cina lo rapì sostituendolo con un suo candidato. Lo scorso mese questo monaco ha giurato fedeltà al Partito comunista cinese.