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Un bazooka da 72 miliardi: qual è l’«arma segreta» dell’Ue contro i dazi di Trump

bazooka unione europea vs trump ursula von der leyen
bazooka unione europea vs trump ursula von der leyen
Lo strumento anti-coercizione prevede contromisure dai dazi alle restrizioni per le Big Tech fino allo stop agli investimenti diretti esteri e agli appalti pubblici. Lo vuole la Francia. Ma non la Germania. Mentre c'è chi dice che dietro ci sia la Cina

La prima a evocarlo è stata la Francia con il ministro per gli Affari europei Laurent Saint-Martin: «Non ci deve essere alcun tabù nella capacità di risposta europea» ai dazi di Donald Trump. E quindi anche le questioni dei servizi digitali e dello strumento anti-coercizione «devono essere sollevate». Perché «nel rapporto di forza voluto da Trump» l’Europa deve «mostrare la capacità di risposta ed è il fronte sul quale dobbiamo accelerare». Per valutare «cosa poter fare in termini di rappresaglia». È la minaccia finale dell’Unione Europea: il bazooka da 72 miliardi da puntare contro gli Stati Uniti. Ovvero la gamma di contromisure nei confronti di un paese terzo. L’«arma segreta» di Bruxelles per ora però resta nel cassetto.

I controdazi

Il commissario Ue al commercio Maros Sefcovic ha infatti confermato che per rispondere ai dazi annunciati dal presidente degli Stati Uniti per il primo agosto è pronto un pacchetto di controdazi «da 90 miliardi». Il secondo round di contromisure Ue, ancora in fase di approvazione da parte degli Stati membri, andrebbe a sommarsi al primo pacchetto da 21,5 miliardi, varato ad aprile e ora congelato fino al primo agosto. Lo strumento anti-coercizione, il bazooka commerciale dell’Ue, «è sul tavolo» invece. Ma la valutazione avverrà «passo dopo passo». Anche se nell’Unione ci sono sensibilità differenti. Oltre alla Francia tra i falchi ci sono Svezia, Austria, Spagna e Portogallo. Ma non la Germania, che pure è l’obiettivo più grosso di Trump a causa del suo surplus commerciale. Berlino è attendista, forse perché ha da perdere più di tutti.

Il bazooka

Ma cos’è il bazooka dell’Unione Europea? Si tratta di uno strumento entrato in vigore a dicembre 2023 e mai usato finora. Include un’ampia gamma di contromisure che l’Ue può adottare nei confronti di un Paese terzo. E, oltre ai dazi, contempla l’imposizione di restrizioni in Ue al commercio di servizi digitali — andrebbe quindi a colpire le Big Tech — e finanziari, all’accesso agli investimenti diretti esteri (ad esempio il divieto di acquisire imprese o parteciparne al capitale) e agli appalti pubblici. Arrivando a toccare i diritti di proprietà intellettuale. Come la web tax Ue, che era stata inserita nelle risorse per finanizare il bilancio Ue dopo il 2027. E che è stata sostituita con un’imposta sulle grandi aziende (oltre 50 milioni di fatturato) che operano nell’Ue. Ma Bruxelles fa sempre in tempo a ripensarci.

I dazi oggi

Anche perché già oggi gli Usa stanno applicando da marzo dazi del 25% sulle auto e sulle componenti made in Ue. Oltre a tariffe sostanzialmente al 50% sull’acciaio e l’alluminio europei. Oltre ai dazi reciproci: l’aliquota era al 20% ed è stata abbassata al 10. Ma salirà al 30% il primo agosto senza un accordo. Attualmente i dazi Usa coprono il 70% delle esportazioni europee negli Usa per un valore di 380 miliardi di euro. Finora l’Ue ha deciso di sospendere ogni contromisura in segno di buona volontà del negoziato. Non è servito a molto. Ha sospeso anche i dazi per le moto Harley Davidson e i jeans Levi’s. La strategia di Bruxelles prevede di colpire i Red States, ovvero quelli a maggioranza repubblicana.

I controdazi repubblicani

Per esempio la soia della Louisiana, la carne bovina e il pollame del Nebraska e del Kansas, i prodotti in legno della Georgia, Virginia e Alabama. Si tratta di beni per i quali l’Ue ritiene di avere alternative. Mentre ieri l’austriaco Wolfgang Hattmannsdorfer ha chiesto una tassa ad hoc per colpire le Big Tech. Il ministro del governo Meloni Tommaso Foti però ieri ha frenato sul bazooka: «Quando sento parlare di bazooka dico sempre che bisognerebbe aver fatto l’imprenditore. Quello che dico è che ora bisogna trattare con gli Stati Uniti». E ancora: «Noi abbiamo il dover di trovare il migliore degli accordi possibili. Se poi non arriviamo all’accordo le tre soluzioni ci sono già. Da una guerra commerciale penso che l’Europa ha buone possibilità di perderla, e anche gli Stati Uniti si faranno male».

Il bazooka e la Cina

Di più. Secondo Foti «chi pensa al bazooka contro i dazi Usa lo fa perché ha già pronto un accordo con la Cina. Ma questo è solo un mio sospetto». E qui è evidente il richiamo alla Francia di Emmanuel Macron. Di certo l’Ue oggi è divisa tra falchi e colombe. Gli intransigenti sono Parigi e Madrid. Oltre ad Austria e Danimarca, la cui posizione è mitigata dal fatto che è presidente di turno dell’Ue. Ma non ha mai negato la tentazione di rispondere colpo su colpo a Trump, scottata anche dalla questione Groenlandia. Tra le colombe c’è l’Italia, a cominciare dalla premier Meloni, che da mesi si è offerta da pontiere tra l’Ue e gli Usa.

Falchi e colombe

Ma anche la Germania, che dopo aver chiesto alla Commissione di agire con pragmatismo non ha inviato alcun ministro di peso al Consiglio Ue sul Commercio. Insieme a Irlanda (per il rapporto con le Big Tech americane), Lituania, Lettonia ed Estonia che hanno paura di un disimpegno americano a est, così come la Polonia. E l’Ungheria, legata a doppio filo al trumpismo. Al momento Ursula von der Leyen sembra prediligere la linea morbida. Le contromisure sono in preparazione, ma per ora si limitano al settore delle merci. Lo strumento anti-coercizione, attraverso cui l’Ue potrebbe arrivare ad escludere le aziende Usa tout court, è evocato con timidezza. E Palazzo Berlaymont sembra orientato a prenderlo in considerazione solo con una – al momento impossibile -unanimità dei 27.

Immagine di copertina da: Dagospia

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