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Cambridge Analytica, Zuckerberg patteggia con il patron di Netflix e gli altri azionisti: stop al processo da oltre 8 miliardi di dollari

17 Luglio 2025 - 18:43 Alba Romano
cambridge analytica mark zuckerberg
cambridge analytica mark zuckerberg
La class action chiedeva il rimborso, dalle tasche personali dei dirigenti, i tutte le multe e le spese legali. L'accoro mette la parola fine dopo sei anni di udienze

Ha raggiunto – forse – il suo ultimo episodio la telenovela Cambridge Analytica, che da ormai sei anni ha coinvolto il patron di Facebook Mark Zuckerberg in innumerevoli udienze in tribunale. Il proprietario di Meta, insieme ad altri manager apicali della società, avrebbe infatti trovato un accordo con gli azionisti, patteggiando una pena pecuniaria. E scongiurando così il processo in merito alla class action da oltre 8 miliardi di dollari, che chiedeva il rimborso delle spese e delle multe derivate dallo scandalo riguardo alle presunte mancanze dei manager. Questi, infatti, non avevano svelato gli enormi rischi legati alle informazioni sfruttate dalla società inglese per sostenere Donald Trump nella sua vittoria elettorale del 2016. A rendere nota la conclusione del procedimento è stata la giudice Kathaleen McCormick ma la cifra non è ancora stata specificata.

Lo scanalo Cambridge Analytica e il ruolo nell’elezione di Trump

Era il 2018 quando, poco più di un anno dopo il primo ingresso di Donald Trump nella Casa Bianca, era scoppiato lo scandalo Cambridge Analytica. La società di consulenza politica, molto vicina allo stratega MAGA Steve Bannon, aveva infatti pagato uno sviluppatore di app di Facebook perché accedesse ai dati degli utenti che avevano scaricato l’app social e a quelli dei profili «amici», in totale oltre 87 milioni di persone, violando nei fatti le politiche di privacy della piattaforma. Cambridge Analytica aveva poi usato le informazioni raccolte per influenzare attivamente le elezioni presidenziali americane del 2016.

Il ruolo di Zuckerberg e dei dirigenti: dalla mancata informazione all’insider trading

Ma cosa c’entra in tutto questo Mark Zuckerberg? Secondo alcuni importanti azionisti, tra cui figura anche il co-fondatore di Netflix Reed Hastings, le violazioni dei vertici della piattaforma social erano state numerose. A partire dal mancato rispetto dell’accordo datato 2012 con la Federal Trade Commission, che era valsa già 5 miliardi di multa nel 2019 per non aver protetto i dati degli utenti. Fino alla mancata informazione ai mercati sui rischi derivanti dall’uso improprio dei dati e all’insider trading, dato che Zuckerberg poco prima dello scandalo aveva venduto azioni per 5 miliardi di dollari, anticipando – così sostenevano gli azionisti – il crollo del titolo in borsa.

Chi sono gli azionisti che hanno accusato Zuckerberg

Dietro all’accusa, che inchiodava i dirigenti per la loro gestione di Facebook «alla stregua di un’impresa illegale, consentendo la raccolta massiva di dati personali senza consenso», ci sono tra i principali finanziatori di Meta. Oltre al già citato Reed Hastings compaiono Sheryl Sandberg, ex direttore operativo di Meta, Marc Andreessen, membro del consiglio di amministrazione e Peter Thiel, co-fondatore di Palantir Technologies ed ex membro del board. Questi stimavano a 8 miliari di dollari l’ammontare delle multe e delle spese legali di cui chiedevano il rimborso.  

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