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Raid israeliani a Rafah, Al Jazeera: «Almeno 50 morti». La Gaza Foundation nega incidenti, la versione dell’Idf. Mattarella: «Basta strage di civili»

19 Luglio 2025 - 16:28 Alba Romano
gaza raid israele centro distribuzioni
gaza raid israele centro distribuzioni
La dura critica del Presidente della Repubblica agli attacchi ai luoghi di culto. L'esercito israeliano ammette di aver sparato in aria e aver attaccato solo dopo «atteggiamenti minacciosi» da parte di alcuni soggetti «sospetti»

Continuano gli attacchi israeliani sui centri di distribuzione di aiuti. Al Jazeera, citando fonti mediche locali, ha riportato che almeno 32 palestinesi sono stati uccisi oggi in un attacco israeliano vicino a un centro di distribuzione di aiuti a Rafah, nella striscia di Gaza meridionale. Le vittime dei raid solo oggi sarebbero in tutto almeno 50. Non ha tardato la smentita da parte della Gaza Humanitarian Foundation, che ha fatto sapere che «non si sono verificati incidenti» nei siti controllati dall’associazione. Anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella di «ombre» che ricordano «i momenti oscuri dei secoli bui», in riferimento alle «guerre di annessione territoriale» dei nostri tempi.

L’attacco vicino al centro aiuti

L’esercito israeliano ha aperto il fuoco su civili riuniti per ricevere aiuti umanitari a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. Lo riferiscono fonti mediche dell’ospedale Nasser, dove il direttore, il dottor Atef al-Hout, ha parlato di «un numero senza precedenti di vittime in pochissimo tempo». E ha avvertito che il bilancio potrebbe peggiorare a causa della carenza di personale, attrezzature e medicinali. Secondo testimoni e fonti locali, le truppe israeliane hanno circondato l’area di Al-Tina Street, dove migliaia di persone si erano radunate per raggiungere un centro di distribuzione alimentare. Poi hanno iniziato a sparare proiettili veri sulla folla. Tra le vittime, numerosi bambini e adolescenti, ha raccontato chi era presente, citato da Haaretz.

La risposta dell’Idf

In risposta alla denuncia di Hamas sulle vittime causate da spari mentre erano in coda per gli aiuti a Rafah, l’esercito israeliano ha riferito di aver individuato alcuni «sospetti» che si avvicinavano ai soldati «con fare minaccioso». Secondo quanto riportano i media israeliani, i militari avrebbero sparato colpi di avvertimento dopo che i soggetti non si sono fermati. L’Idf ha fatto sapere di star esaminando l’accaduto e ha precisato che l’incidente è avvenuto durante la notte, a circa un chilometro dal punto di distribuzione più vicino, che in quel momento era chiuso.

La smentita della Ghf

La Gaza Humanitarian Foundation (GHF), organizzazione sostenuta dagli Stati Uniti, ha smentito oggi le notizie secondo cui oltre 30 palestinesi sarebbero stati uccisi nei pressi di una sua struttura nella Striscia di Gaza meridionale. In una dichiarazione ufficiale, la fondazione ha precisato che «non si sono verificati incidenti presso nessuno dei nostri siti di distribuzione degli aiuti, né in prossimità di essi». Ghf ha inoltre chiarito che l’attività militare israeliana che ha causato vittime è avvenuta ore prima dell’apertura dei loro centri e, secondo le informazioni raccolte, la maggior parte delle vittime si trovava a diversi chilometri dal sito Ghf più vicino.

Le parole del Presidente Sergio Mattarella: «La violenza genera altra violenza»

In occasione della visita alla campana dei caduti a Rovereto, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha denunciato gli attacchi su luoghi di preghiera, come quello avvenuto il 17 luglio scorso in cui è rimasto ferito padre Gabriel Romanelli, e sugli operatori incaricati di portare cibo e acqua alle popolazioni. Quando «si spara e si uccide nei luoghi di preghiera o sui luoghi in cui si distribuisce acqua e cibo», riemergono «ombre» che «appartenevano a momenti oscuri dei secoli bui», ha detto Mattarella. Il Presidente ha poi spiegato come i crimini di guerra rischino di generare un’aspirale di violenza difficile da interrompere. «Tutto questo crea non soltanto un contrasto radicale con le attese dell’umanità, ma rischia anche di introdurre una spirale di risentimenti, di odio, di contrapposizioni che genera, a sua volta, costantemente, altre violenze», ha concluso.

I dubbi di Parolin sull’«errore» nel bombardamento alla chiesa di Gaza

«Per quanto riguarda questo episodio, è uno sviluppo drammatico, diamo tempo, quello che è necessario, perché ci dicano che cosa è effettivamente successo, se è stato veramente un errore, cosa di cui si può legittimamente dubitare, o se c’è stata una volontà di colpire una chiesa cristiana sapendo quanto i cristiani sono un elemento di moderazione nel Medio Oriente». Lo dice il segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, in un’intervista al Tg2 post rilanciata da media vaticani.

Gli ostaggi

«Abbiamo recuperato la maggior parte degli ostaggi. A breve ne arriveranno altri 10»., ha detto Trump augurandosi che la guerra a Gaza finisca presto. Trump ha parlato, secondo quanto riportato dai media americani, a una cena con i repubblicani alla Casa Bianca. I negoziatori israeliani e di Hamas hanno partecipato all’ultimo round di colloqui a Doha a partire dal 6 luglio, e hanno discusso una proposta sostenuta dagli Stati Uniti per un cessate il fuoco di 60 giorni. L’accordo prevede il rilascio di dieci ostaggi vivi e la restituzione dei resti di altri diciotto. I colloqui, sostenuti da Washington, sono ritenuti un passaggio cruciale per una possibile de-escalation del conflitto.

La tregua tra Israele e Siria

Ieri, in un colloquio con papa Leone XIV, il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva sostenuto che i negoziati sugli ostaggi stavano procedendo e che l’accordo sarebbe vicino. Nel frattempo almeno 638 persone sono morte da domenica nelle violenze tra drusi e beduini, secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani. Israele è intervenuto mercoledì con imponenti bombardamenti nel cuore della capitale Damasco, colpendo anche il quartier generale dell’esercito. Nuovi scontri sono scoppiati ieri tra fazioni tribali beduine e drusi all’ingresso di Sweida. Circa 200 combattenti tribali si sono scontrati con uomini drusi armati della città usando mitragliatrici e proiettili. La tregua è stata raggiunta grazie al sostegno degli attori regionali, tra cui Turchia e Giordania.