Influencer sanzionati dall’Agcom e Rai controllata dal Parlamento: cosa c’è nella riforma dei media del centrodestra


Sette consiglieri, di cui sei eletti dal Parlamento e uno indicato dai dipendenti dell’azienda. Così potrebbe essere composto in futuro il Consiglio d’amministrazione della Rai se andrà in porto il disegno di legge di riforma del settore radiotelevisivo che la maggioranza depositerà questa mattina in commissione Lavori pubblici al Senato. A dar conto dei contenuti del ddl è Il Messaggero. A spingere la maggioranza a uscire dall’impasse e riformare la Rai, va detto in primis, è un’esigenza “esterna”, ossia l’entrata in vigore dal prossimo 8 agosto dello European Media Freedom Information Act, la nuova normativa europea che garantisce trasparenza e indipendenza dei media, sulla base della quale l’Italia rischierebbe sanzioni proprio sul nodo della Rai. Nell’attuale configurazione infatti, derivato dell’ultima riforma varata dal governo Renzi, due dei membri del Cda della tv di Stato sono indicati direttamente dal ministero dell’Economia. Ora si dovrà cambiare, e nel testo base predisposto dal centrodestra la parte del leone la farebbe il Parlamento.
Come sarà (forse) la nuova Rai
Dei sette consiglieri del futuro Cda, infatti, tre sarebbero nominati rispettivamente da Camera e Senato, uno dai dipendenti della Rai. Prevale dunque al momento l’impostazione cara a Forza Italia, mentre non sembrano aver trovato posto le proposte di Lega e Fratelli d’Italia, che caldeggiavano un ruolo nelle nomine, rispettivamente, anche per Comuni e Regioni e per il Cnel. Resta il fatto che il testo che sarà depositato oggi in Senato è da considerarsi emendabile e «in espansione», precisano al quotidiano romano fonti di maggioranza. Quanto all’elezione del presidente della Rai, al momento si prevede un parziale alleggerimento del requisito dei due terzi che da mesi sta bloccando l’elezione di Simona Agnes. Nei primi due scrutini, col nuovo testo, sarebbe richiesta la maggioranza qualificata; poi, dal terzo, basterebbe la maggioranza assoluta dei componenti del Cda. Quanto al bilancio dell’azienda, sembrano esclusi tagli al canone: le spese potranno essere ridotte al massimo del 5% e solo per casi specifici e motivazioni chiare.
Gli influencer come i media: cosa può succedere
Rai a parte, comunque, il nuovo disegno di legge di riforma del settore radiotelevisivo comporterà novità di rilievo pure per un’altra categoria di comunicatori: gli influencer. Se il testo diventerà legge nella forma attuale, verrà sancita l’equiparazione di queste figure ad attori mediatici a tutto tondo. «Soggetti che esercitano un’attività analoga o comunque assimilabile a quella di fornitori dei servizi di media audiovisivi», li definisce il ddl. Come tali, gli influencer sarebbero dunque «sottoposti alla giurisdizione nazionale» in materia. Dovranno uniformarsi dunque a regole analoghe a quelle cui devono sottostare i media “tradizionali”, per quanto riguarda la diffamazione o la diffusione di contenuti d’odio, ma anche di contenuti gravemente nocivi per lo sviluppo fisico o psichico, in particolare dei minori. E in caso di violazioni potranno essere richiamati o sanzionati direttamente dall’Agcom. Che d’altronde la scorsa settimana ha già adottato un Codice di condotta e delle Linee guida ad hoc per gli influencer, considerando di propria “giurisdizione” i comportamenti mediatici di coloro che vantano almeno 500mila follower su una piattaforma o almeno 1 milione di visualizzazione mensili.