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«Una volta rimaste solo le ossa, le avremmo nascoste in montagna»: così Mailyn e Lorena volevano fare sparire Alessandro Venier

04 Agosto 2025 - 13:31 Alba Romano
alessandro venier lorena mailyn omicidio
alessandro venier lorena mailyn omicidio
Per la 61enne chiesta la perizia psichiatrica, i carabinieri l'hanno trovata mentre cullava la nipote di 6 mesi. Decisiva una chiamata della compagna dell'uomo, che ha fatto crollare il progetto delle due donne

Dopo aver ucciso e tagliato in tre parti Alessandro Venier, volevano aspettare che ne rimanessero solo le ossa. Poi le avrebbero portate in montagna, lì dove lui aveva chiesto di essere sepolto, per farne perdere ogni traccia per sempre. Era questo il piano di Lorena Venier e Mailyn Castro Monsalvo, madre e compagna del 35enne narcotizzato e strozzato in casa sua a Gemona, vicino a Udine. Un progetto ben calcolato che la 30enne colombiana ha tagliato corto dopo qualche giorno di silenzio, telefonando ai carabinieri e raccontando tutto: «Mia suocera ha ucciso il figlio».

La sepoltura in montagna

Nessuno avrebbe cercato il 35enne: aveva perso il lavoro dopo aver picchiato un collega e aveva alle sue spalle una lunga trafila di condanne per vari reati, tra cui lesioni, dalle quali voleva fuggire andando in Colombia. Lì, lontano dallo sguardo della madre 61enne, il timore di violenze contro la compagna e la figlioletta di 6 mesi erano forti: così, secondo il racconto di Lorena Venier, era maturata la decisione di ucciderlo alla vigilia della partenza. Avevano già comprato su Amazon la calce viva, versata in un bidone in cui hanno immerso il corpo per aiutarne la decomposizione: «Pensavo che con il tempo si sarebbe consumato», ha detto agli inquirenti la madre del 35enne. «Successivamente, lo avrei portato in montagna per abbandonarlo li, dove lui diceva che voleva fossero destinate le sue spoglie. Pensavamo di poter fare tutto da sole: una volta sezionato, sarebbe bastato attendere che si consumasse prima di portarlo in montagna».

Il piano preparato e la chiamata ai carabinieri

Hanno fatto tutto insieme, secondo la testimonianza della 61enne: Mailyn avrebbe ipotizzato l’omicidio, lei lo avrebbe organizzato e insieme lo avrebbero portato a compimento. Lo hanno addormentato prima con un farmaco – forse un antidepressivo che la 30enne assumeva per la depressione post partum – poi con due iniezioni di insulina. Lo hanno strozzato a mani nude e con i lacci delle scarpe per poi mozzarne il corpo con un’ascia. Qualche giorno dopo, la 30enne è crollata e ha digitato 112 sul telefono. Sorpresa, Lorena Venier avrebbe cercato di strapparle di mano il cellulare causandole diversi lividi sulle braccia: «No, Lorena, no… Aiuto, venite in via dei Lotti». I carabinieri si sono precipitati, trovando la giovane in stato confusionale e la madre della vittima che cullava la piccola di 6 mesi.

L’accusa e la perizia psichiatrica per Lorena Venier

Entrambe sono accusate di omicidio pluriaggravato, occultamento e vilipendio di cadavere. La più giovane anche di istigazione all’omicidio, ma le indagini stanno ancora muovendo i loro primi passi. L’avvocato della 61enne, Giovani De Nardo, ha chiesto la perizia psichiatrica per la sua assistita rea confessa: «La ricostruzione fatta è quanto mai precisa e c’è piena assunzione di responsabilità». Secondo lui sarebbe necessario verificare se, all’epoca dei fatti ma anche in questo momento, l’infermiera di Gemona fosse capace di intendere e di volere.

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