Antonella Ruggiero e Freddie Mercury che cantava “Ti sento”: «Ma di quella sera ricordo il sushi»


Quello che spaventa oggi Antonella Ruggiero è «il potere in mano ai pazzi. E la prego di scriverlo chiaro: pazzi, pazzi pazzi», dice a Roberta Scorranese nell’intervista al Corriere della Sera. Cinquant’anni fa nascevano i Matia Bazat: «Avevo appena ventitré anni, però sapevo cantare. Fosse stato per me quelli della Pfm si sarebbero dovuti fare i fatti loro». Furono Franz Di Cioccio e gli altri a presentarle i futuri «compagni di viaggio»: «Sì, io ero poco convinta anche perché il mio sogno non era quello di fare la cantante». Lei voleva fare «l’artista. Disegnare, fare opere grafiche, forse fotografare». E invece si ritrovò su un furgone a girare il mondo.
I Matia Bazar
Per entrare non fece molta fatica «perché non ci fu un vero provino: intonai un brano, mi dissero “va bene” e cominciammo a fare concerti. Una follia a pensarci oggi, però azzeccammo tutto». A cominciare dal nome: «Loro erano già un gruppo ma si chiamavano in un altro modo. A me piacque quel Matia, che non è né femminile né maschile». Del suo Sanremo ricorda «l’anno in cui sul palco salì Renato Dulbecco. Uno scienziato, Premio Nobel per la medicina, che partecipa a una manifestazione di canto per sollecitare i finanziamenti alla ricerca: be’ questo ti fa capire come vanno le cose». E dice che Freddie Mercury era un fan di Ti sento: «Sì, lo conobbi a Tokyo. Trascorremmo una serata bellissima, lui cantava le nostre canzoni ma quello che maggiormente mi ricordo — mi scusi — è il sushi squisito che mangiammo».
Sting
Poi c’è Sting: «Oddio, anche qui ho un ricordo culinario. Trascorremmo dieci giorni in giro per l’Italia, al suo seguito c’era un esercito di persone e avevamo, pensate, le cucine da campo». Lei è nata a Genova. «Nel quartiere di Pegli». E ricorda De André: «Condividevamo il palazzo con le sale di registrazione, quartiere Sturla. Un giorno lo vedemmo arrivare, si fiondò nella sala prenotata con un impeto strano, sbatté la porta, era alterato e litigava con il suo staff. È stato l’unico incontro con lui». E il suo quadro prediletto: «Ave Maria a Trasbordo di Giovanni Segantini. Io ho una casa non lontana dal punto dove l’artista lo dipinse, qualche volta ci vado perché ne assorbo la poesia. C’è natura, senso del ritorno a casa, ci sono gli animali, vede che ricorrono spesso?».
L’addio al gruppo
Ha lasciato i Matia Bazar «perché volevo fare altro, perché la routine dei concerti, delle prove, delle trasferte mi aveva stancato, forse anche inaridito. Volevo un rinnovamento che fosse prima di tutto personale». È stato, ricorda, «un addio difficile. Non drammatico, per carità, ma nonostante io avessi mandato per tempo i preavvisi e avessi comunicato la decisione con largo anticipo, gli altri compagni di band hanno fatto fatica a capire. Perché si fa fatica a capire la complessità». Del tipo: «Abbiamo successo, vendiamo tanti dischi, giriamo il mondo, che cosa vuoi di più? È così. Non vorrei essere superficiale o banale, ma non sempre gli uomini colgono queste sfumature interiori».
Alberto Angela
Infine, spiega perché sul suo profilo Facebook c’è una foto che la ritrae assieme a Alberto Angela. «Lui ha chiamato me e altri interpreti a partecipare a una puntata di Stanotte a Roma , io ho interpretato “Vacanze romane”. C’erano anche Baglioni, Giannini, Abbagnato. Una meraviglia». Il 10 agosto chiuderà la XIV edizione del Premio letterario Caccuri. «Con il Concerto versatile , un concerto che tocca tutti i miei successi, andando così a interpretare in chiave tutta nuova brani che hanno fatto la storia della musica leggera italiana. Con me al pianoforte ci sarà il maestro Roberto Olzer».