Cuoca uccisa dall’ex compagno a Foggia, il datore di lavoro: «Lui pubblicava manifesti funebri di lei sui social. Tutti sapevano, non lo hanno fermato»


«Una volta su Facebook l’ex compagno di Hayat ha pubblicato una sua foto come se fosse un manifesto funebre. Questo non è un segnale di pericolo?». A parlare è Gianfranco Abazia, titolare del ristorante Bodà Steakhouse di Foggia, dove Hayat Fatimi, cuoca 46enne, lavorava da circa un anno e mezzo. La donna è stata uccisa a coltellate nella notte tra il 6 e il 7 agosto dal suo ex compagno Tariq El Mefedel, arrestato a Roma. Hayat aveva denunciato più volte l’uomo, destinatario di un divieto di avvicinamento e di un braccialetto elettronico mai applicato, e di una misura cautelare mai eseguita perché l’uomo si era reso irreperibile. «Tutti sapevano che Hayat era in pericolo», spiega Abazia al Corriere della Sera. «Lei più volte gli aveva detto che tra loro era finita ma lui non ne voleva sapere. Più di una volta era stata minacciata. Anche dopo la denuncia ha continuato a minacciarla e a perseguitarla», aggiunge a colloquio con Luca Pernica.
«Aveva paura di tornare a casa»
Nonostante le segnalazioni e la paura palpabile, la protezione nei confronti di Hayat si è rivelata insufficiente: «Alcune sere, quando aveva paura di tornare a casa, chiamava le forze dell’ordine che mandavano una pattuglia per scortarla fino a casa. Una volta era stata in questura per parlare della sua vicenda e si era sentita male. Dopo essere andata via ci hanno chiamato per sapere come stava e se era tornata al lavoro. Si vedeva che erano preoccupati. Allora perché non è stato fatto tutto il possibile per bloccare quell’uomo? Ogni sera stava davanti alla sua abitazione, lo conoscevano anche i vicini di casa. Perché non è stato bloccato prima, invece di aspettare e arrestarlo a Roma quando tutto era ormai finito?». Abazia esprime tutta la sua rabbia: «Sapevamo che era in pericolo e si poteva fare di più per salvarla. Anna era una persona splendida, molto apprezzata sul lavoro e amata dai clienti. Ora siamo profondamente tristi, perché crediamo che questa tragedia si poteva evitare».