L’Alaska nelle mire di Mosca e Pechino. Si intensificano le incursioni, Washington risponde con il ritorno delle basi militari


L’Alaska è tornata al centro della geopolitica globale. Lo storico incontro tra Donald Trump e Vladimir Putin che si è svolto venerdì 15 agosto alla base militare di Elmendorf-Richardson, vicino Anchorage, ha riacceso l’attenzione internazionale sul territorio, con l’hashtag #Alaska2025 a dominare i social. Ma dietro l’evento c’è molto di più: il 49esimo Stato Usa è la porta d’accesso al Polo Nord, la nuova frontiera dell’Artico. Lo scioglimento dei ghiacci apre nuovi passaggi, come lo Stretto di Bering tra Alaska e Russia, offrendo rotte commerciali, risorse energetiche e opportunità militari. Stati Uniti, Russia e Cina hanno stanno reagendo con politiche aggressive, moltiplicando pattugliamenti navali e aerei.
Un vertice ai confini della terra
«Ci sono ogni sorta di incursioni nelle nostre acque da parte di flotte pescherecce russe. Immagino che per i militari vedere arrivare qui Putin accolto con tutti quegli onori sia stato scioccante», racconta a La Stampa Don Rearden, sceneggiatore e professore all’Università dell’Alaska ad Anchorage. Per lui, abituato a descrivere la propria terra come marginale, l’esperienza del vertice è stata sorprendente. Funzionari statunitensi confermano un aumento delle attività russe e cinesi dal 2022. Alla fine del mese scorso, secondo The Telegraph, bombardieri Tu-95 e caccia Su-35 russi sono stati intercettati dall’aeronautica americana mentre attraversavano la Zona di identificazione della difesa aerea dell’Alaska (Adiz), pur senza entrare nello spazio aereo Usa. Negli ultimi due anni si sono verificati almeno nove incidenti simili in aria e in mare. A settembre 2024, un Tu-95 russo ha sfiorato un F-16 americano in una manovra di “testata”, mettendo a rischio i piloti.
Il piano del Pentagono: riaprire le basi della Guerra Fredda
Per rispondere, il Pentagono valuta di riaprire le basi della Guerra Fredda nello Stato. L’ex base di Adak, tra il Mare di Bering e l’Oceano Pacifico, possiede tre moli, due piste di 2.400 metri e uno dei più grandi depositi di carburante al mondo. Usata di recente nell’esercitazione militare Northern Edge, potrebbe diventare operativa rapidamente. Anche la base aerea di Eareckson, nelle Isole Aleutine, è in fase di valutazione. Secondo The Telegraph, queste installazioni garantirebbero a Washington una copertura fino a dieci volte superiore rispetto agli attuali mezzi di ricognizione.
La questione delle risorse naturali
L’Alaska è ambita per le sue risorse naturali. «Ci sono minerali duri, petrolio e gas, oltre alla pesca con le ultime grandi migrazioni di salmoni del pianeta», spiega Rearden. Tuttavia, le mire esterne vengono percepite come predatorie, con scarso rispetto per le popolazioni indigene. «È stato incredibile vedere parlare di un’apertura delle ricchezze minerarie alla Russia», aggiunge. La storia dello Stato è segnata da passaggi complicati: il 30 marzo 1867, la Russia cedette l’Alaska agli Stati Uniti per 7,2 milioni di dollari dell’epoca (162 milioni nel 2024), dopo la guerra di Crimea. L’Alaska diventò il 49esimo Stato nel 1959 con l’Alaska Statehood Act firmato da Eisenhower. Durante la Guerra Fredda, le basi locali garantivano un vantaggio strategico, oggi minacciato dalle nuove rotte artiche.
L’Alaska e la questione russa
Oltre alla geopolitica, c’è un riscatto culturale in corso. «Tutti parlano di come la Russia possedesse l’Alaska, ignorando che quelle zone erano già abitate da indigeni, vittime di massacri e schiavitù. Il trauma intergenerazionale è enorme», ricorda Rearden. Tuttavia, osserva una rinascita: i giovani imparano le lingue native e praticano la cultura tradizionale. Difendere l’Alaska significa anche proteggere questo patrimonio identitario.
Foto di copertina: ANSA/EPA/SERGEY BOBYLEV/SPUTNIK/KREMLIN POOL