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La beffa dei dazi di Trump per il vino italiano: «Così l’Argentina ci soffierà il mercato Usa». Ma Lollobrigida glissa sui fondi anti-crisi

26 Agosto 2025 - 20:18 Simone Disegni
Trump Usa vino
Trump Usa vino
La denuncia del presidente di Confagricoltura Giansanti a Open: «Buttarsi su Paesi terzi? Il mercato Usa è insostituibile». Il dialogo con l'esecutivo e gli spazi (esigui) in manovra

Da Rimini – «Ma davvero qualcuno pensa che possiamo sostituire gli Stati Uniti con l’Africa o con qualche Paese asiatico?». Scuote la testa amaro Massimiliano Giansanti. Il presidente di Confagricoltura ha appena tenuto a battesimo tra i padiglioni del Meeting di Rimini un raro dialogo trasversale sul futuro d’Europa tra Raffaele Fitto ed Enrico Letta. Ma di quel che la Commissione Ue ha portato a casa al termine dell’estenuante negoziato con gli Usa sui dazi, lui che da un anno guida gli agricoltori pure a livello europeo proprio non può dirsi soddisfatto. Perché per molti comparti dell’alimentare con le tariffe al 15% il cammino si fa tutto in salita, e soprattutto per chi produce e esporta vino ha visto evaporare l’illusione che Trump potesse “concedere” un’esenzione, almeno parziale, a lungo inseguita. «Siamo molto amareggiati, ci aspettavamo certamente qualcosa di diverso, sia sull’entità del dazio che sulle esenzioni», si sfoga con Open Giansanti. Al contempo, aggiunge, «confidiamo che nelle prossime settimane qualcosa possa accadere, siamo convinti che il governo si spenderà per noi». E tuttavia «resta forte la preoccupazione, perché questa vicenda comunque inciderà sulla capacità competitiva e produttiva della nostra agricoltura». 

Massimiliano Giansanti con Raffaele Fitto ed Enrico Letta al Meeting di Rimini (Ansa / Dorin Mihai)

Il mercato Usa a rischio e il risiko dei Paesi terzi

Ancora questa mattina, dal palco del Meeting, è stata la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola a ripetere la litania su cui si sono assestati i vertici delle istituzioni Ue: complicatasi maledettamente la strada dei rapporti con gli Usa, è tempo per l’Ue di investire con forza su nuovi accordi e canali commerciali con altri Paesi terzi, dall’Africa all’Asia sino all’America Latina. Nel pomeriggio a ribadire il concetto è lo stesso vicepresidente della Commissione Fitto: «Con gli Usa abbiamo concluso un accordo serio, il migliore possibile alle condizioni date». Che, è il sottinteso, si erano fatte pessime. Che fare ora dunque per sostenere e rilanciare l’export europeo? «Dobbiamo investire sui negoziati commerciali con altri Paesi del mondo. Col Mercosur (America latina, ndr) abbiamo già concluso un accordo importante, con l’India abbiamo aperto di recente canali promettenti in Africa possiamo cogliere grandi opportunità». Ma è proprio quest’approccio dei dirigenti Ue a non andare già a Giansanti. «Per noi il mercato Usa è insostituibile: è maturo, ci conosce e vuole comprare prodotto italiano, tanto che ce lo copiano con l’Italian sounding. In Cina c’è oltre un miliardo di cittadini? Certo, ma non è un pubblico predisposto a comprare prodotti italiani o europei». Per non dire, con tutto il rispetto, del mercato africano. Lo spettro su scala globale se mai, denuncia Giansanti, è quello di una dolorosissima sostituzione negli Usa di prodotti europei con quelli di altri agguerriti competitor. «Quel che peserà sull’impatto finale concreto sono le differenze tra tariffe imposte all’Ue e ad altri Stati. L’Argentina ad esempio ha dazi sul vino al 10% e una moneta collegata al dollaro, quindi il rischio concreto è che da qui a qualche mese il vino argentino possa avere maggiore capacità competitiva sul mercato americano. E quando si perdono quote e spazi di mercato poi non è mai facile recuperarli». 

Le richieste al governo e la prudenza di Lollobrigida

Per ora le associazioni di produttori e agricoltori si leccano le ferite, dunque, e provano a fare la conta preventiva dei danni. L’Unione italiana dei vini, tanto per restare a quel settore, ha stimato le perdite potenziali per il prossimo anno in 317 milioni di euro cumulati nei prossimi 12 mesi. Per Coldiretti la botta complessiva per l’agroalimentare potrebbe valere 1 miliardo. Cosa può fare dunque il governo italiano per tutelare le imprese del settore? Dare sostegni se possibile, certo, ma non solo. «Chiedere soldi è la cosa più semplice», dice Giansanti. D’altra parte però serve anche «continuare a costruire un modello agricolo in grado di crescere in termini di produttività, competitività e creazione di ricchezza, di modo da dare ai nostri agricoltori certezze sul futuro in uno scenario geopolitico difficilissimo». Con l’esecutivo Meloni il dialogo è costante, ma ciò non vuol dire che le risposte saranno quelle sperate. Lo fa capire tra le righe il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, anche lui ospite al Meeting. Che sul possibile stanziamento di fondi o ristori per i produttori più colpiti dai dazi svicola. «Stiamo calcolando in dettaglio gli effetti dei dazi, vediamo, d’altronde per i formaggi la soglia del 15% non è una novità…». E comunque, fa capire, lo spazio di manovra è minimo «Ho sentito oggi Giorgetti, già impegnatissimo al ministero» in vista della nuova legge di bilancio, e il messaggio per il momento è che «bisogna spendere bene le risorse che si hanno e mettere a terra quelle già previste». La pozione magica anti-dazi resta introvabile.

Foto di copertina: Donald Trump sorseggia un drink nelle Filippine, durante una visita nel suo primo mandato da presidente Usa – Manila, 12 novembre 2017 (Ansa/Epa – Athit Perawongmetha)

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