Paolo Sorrentino, il feeeling con Servillo, l’amicizia con Guè. E il suo nuovo film La Grazia: «Volevo descrivere come dovrebbe essere un politico»


«Volevo descrivere come dovrebbe essere un politico» così il regista premio Oscar Paolo Sorrentino ha raccontato a Variety il suo decimo lungometraggio, La Grazia, che apre la Mostra del cinema di Venezia 2025. Si legge sulla prestigiosa rivista di settore: «Dopo aver interpretato in precedenza politici italiani dalla moralità dubbia come Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi, Sorrentino ha sentito l’urgenza di dare un esempio positivo sullo schermo». «La storia – racconta il regista classe 1970 – nasce da una notizia che lessi anni fa sul Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che aveva graziato un anziano che aveva ucciso la moglie malata di Alzheimer. Partendo da questo, mi sono chiesto cosa significasse per un individuo – l’unico essere umano che può esercitare questo potere è il presidente della Repubblica, non solo in Italia, ma anche negli Stati Uniti e in altri Paesi – rimuginare sul dilemma se perdonare o meno un assassino. Mi è sembrata una questione morale estremamente interessante e degna di essere approfondita, soprattutto perché, come spesso accade nella storia italiana, si trattava di un cattolico che quindi credeva in valori legati alla sacralità della vita. Subito dopo, ho pensato che questo filone narrativo potesse intersecarsi con un altro dilemma: se firmare o meno una legge sull’eutanasia». Perché di questo tratta La Grazia: un Presidente della Repubblica italiano particolarmente amato e pacato (per questo molti pensano sia direttamente legato alla figura di Mattarella), indeciso se approvare o meno una legge che consentirebbe l’eutanasia in Italia.
Sorrentino e Servillo per la settima volta assieme
La Grazia è il settimo film di Paolo Sorrentino che vede come protagonista Toni Servillo, è lui ad interpretare infatti questo immaginario Presidente Mariano De Santis, come fu ancor prima Andreotti e Berlusconi. «Ho scritto questo ruolo per Toni perché è l’attore che mi dà immediatamente un senso di autorità. Quindi, quando penso a figure autorevoli, mi viene subito in mente Toni» ha spiegato Sorrentino. «L’indicazione più ricorrente che ho dato è stata probabilmente quella di evitare che il personaggio virasse verso il sentimentalismo. Laddove c’erano scene che si prestavano a un abbandono emotivo del presidente, ad esempio nei confronti della figlia, ho sempre preferito congelare la situazione. In modo che la grande umanità che Toni emanava solo da questo volto fosse sufficiente».

Sorrentino e Guè
Sorrentino approfitta de La Grazia per cementare il rapporto con Guè, uno dei padri del rap italiano. Un rapporto nato in occasione dell’uscita di Parthenope, proseguito poi con un’intervista del regista al rapper per l’uscita del disco Tropico del Capricorno. Stavolta Guè ha raggiunto il suo nuovo amico direttamente sul set del film per interpretare sé stesso. «Fino a poco tempo fa – racconta Sorrentino – non conoscevo Guè né la sua musica. Vorrei dire che è stato uno dei miei figli a farmi conoscere Guè, ma in realtà è stata mia moglie. Mi sono subito piaciute le sue canzoni. All’inizio non capivo l’85% delle parole, ma quello che mi ha colpito è che nel restante 15%, nelle sue frasi complicate, c’era una profonda umanità. Un profondo dolore, anche, nel suo rapporto con il padre. Ecco cosa mi ha affascinato. Poi – prosegue il regista de La grande bellezza – quando l’ho incontrato, a Milano, sono rimasto colpito da questo ragazzone, molto forte, ma anche gentile. Ci siamo trovati subito bene. La sua canzone che si trova nel film (Le bimbe piangono) ha un verso che dice: “Chiedo dopo perdono, non prima per favore”. Per una strana alchimia mentale, mi commuove profondamente. È come un mantra che mi ripeto spesso. Si tratta di rimandare il momento in cui dovremo chiedere perdono, dato che tutti dovremo chiedere perdono per le cose sbagliate che abbiamo fatto. Volevo sottolineare come questo anziano Presidente stia faticando a riconciliarsi con il presente ma voglia comprenderlo, così ho finito per fargli invitare Guè per essere onorato».