Lo Stato riconosce le due mamme ma le condanna a pagare anni di spese legali. Una beffa da 14mila euro


Anni di battaglie legali e nel 2025 finalmente il riconoscimento: Dante, figlio di due mamme, è un cittadino italiano. Lo ha stabilito una sentenza della Corte costituzionale, legalizzando il riconoscimento dei figli delle coppie di donne. Ora però c’è un’altra battaglia da combattere: lo Stato, che ha appena guadagnato un nuovo cittadino, chiede alla sua famiglia di pagare gli avvocati che ne hanno contestato il diritto. E la cifra non è irrisoria: le spese legali ammontano a 14 mila euro. Eppure sarebbe in potere dei giudici risparmiare quest’onere alla famiglia: «Di solito le cause pilota sono esentate dalle spese legali», spiega Giulia, una delle due mamme, intendendo per “cause pilota” quelle sentenze che affrontano un problema strutturale, aprendo la pista per la gestione di casi simili.
Una madre straniera e una madre «fantasma»
L’eccezionalità del caso di Dante (nome di fantasia) dipende dal fatto che la madre che lo ha partorito, Denise, è americana, dunque non possiede la cittadinanza italiana che l’altra madre, Giulia, italiana, non può passargli in quanto non è riconosciuta dalla legge come genitore. Così il bambino, che è nato nel 2016 a Pisa ed è cresciuto a Bologna, si trova nella paradossale situazione per cui lo Stato italiano gli riconosce solo la mamma che non può dargli la cittadinanza. L’altra mamma, Giulia, per la legge italiana rimane un fantasma, senza diritti né doveri genitoriali. Quando le due donne hanno provato a spiegarglielo, il bambino è rimasto perplesso: «Dire che non sei mia madre è come dire che questo lampadario non è un lampadario, che questa porta non è una porta».
La lunga battaglia per il riconoscimento delle due madri
Straniero in patria, per nove anni Dante ha dovuto rinnovare ogni dodici mesi il suo permesso di soggiorno e Giulia ha vissuto con fatica l’essere un genitore non riconosciuto. Paradosso su paradosso, il fratello di Dante, figlio delle stesse due mamme, è italiano, perché a Bologna, dove la famiglia si è trasferita di proposito, il sindaco riconosceva alla nascita i figli delle coppie di madri. Per garantire la tutela dei diritti di Dante, le due mamme si sono impegnate in un lungo iter giudiziario. Dopo una sconfitta a Pisa (nel 2020) e una vittoria in appello a Firenze (nel 2022) e una nuova bocciatura della Cassazione l’anno scorso sembrava aver chiuso definitivamente la questione.
«Il prezzo dell’ingiustizia»
Nel maggio 2025 la svolta: la Corte costituzionale, di rango più alto, ha sconfessato la sentenza della Cassazione, liberando la famiglia dal limbo delle procedure di adozione a cui avrebbero dovuto ricorrere per legittimare la seconda mamma. Ma poco dopo aver riconosciuto Dante all’anagrafe, Giulia si è vista addebitare una fattura di 14 mila euro per le spese legali dell’avvocatura dello Stato e della Corte di Cassazione. «Abbiamo scoperto che non c’è modo di contestare questo pagamento, che sembra una tattica deliberata per dissuadere altri dal difendere i propri diritti. La legge prevede che la parte che perde nel processo debba rimborsare le spese legali di chi vince, ma i giudici possono decidere di esonerare i casi che coinvolgono diritti fondamentali. Costringerci a pagare gli avvocati che hanno difeso una posizione incostituzionale è profondamente ingiusto». Per coprire l’ingente spesa le due donne hanno organizzato una raccolta fondi su GoFundMe, che avrebbe già racimolato 6 mila euro. Quello che Giulia definisce «il prezzo dell’ingiustizia», invece, non c’è modo di ripagarlo.