L’esercizio fisico, quello mentale e l’alimentazione: «Così si può vivere più a lungo»


Una ricetta per l’immortalità non esiste. Ma per vivere a lungo sono necessari abitudini e stile di vita corretti. Che vanno adottati prima di invecchiare. A spiegarlo oggi al Messaggero è Raffaele Antonelli Incalzi, direttore di Medicina interna del Campus Bio-Medico di Roma e past president della Società italiana di Gerontologia e Geriatria. Secondo Antonelli «fermo restando il peso della genetica, una quota molto rilevante di possibilità sta nel nostro comportamento. Innanzitutto, curando l’alimentazione: nel nostro ambito la dieta mediterranea è la più consigliabile. Poi, con l’esercizio fisico. Servirebbero 10mila passi al giorno, ma recenti studi hanno dimostrato un significativo giovamento in termini di sopravvivenza di vita anche con 7mila passi».
Il problema della sedentarietà
Il professore spiega che il problema è la sedentarietà: «L’esercizio fisico ha un duplice effetto positivo: da una parte migliora il tono dell’umore e dall’altro favorisce le funzioni cognitive, in quanto migliora la connettività sinaptica, ed evidenzia il rilascio di fattori di crescita neuronali. Inoltre favorisce lo sviluppo della vascolarizzazione cerebrale e quindi si pongono i presupposti per mantenere il sistema nervoso centrale nelle migliori condizioni. È fondamentale anche in persone non sane: sotto la guida di un fisioterapista ha un provato effetto psicoattivante che è un particolare valore aggiunto per i pazienti variamente disabili e compromessi».
L’esercizio mentale
Non basta però l’esercizio fisico: ci vuole quello mentale. «Quindi, dopo il pensionamento bisognerebbe adottare strategie di attivazione mentale, volte a preservare la funzione e prevenire il declino. Tra le altre cose, un ruolo particolarmente interessante lo copre la musica classica. È stato dimostrato che ascoltare Mozart ha un effetto rasserenante. E poi bisognerebbe cercare di attutire l’impatto degli eventi destabilizzanti e stressanti: diversi studi dimostrano che la meditazione o la lettura dei testi sacri possono aiutare».
La longevità
La longevità però non è alla portata di tutti: «Nel nostro Paese, invecchiamo più di altri, ma male. All’estero si vive 3-4 anni di meno. Purtroppo, noi viviamo molti più anni, ma con disabilità. Senza contare che una persona con un reddito molto basso è fortemente svantaggiata. Molto ancora si può fare a livello istituzionale per verificare gli aspetti di criticità, i fabbisogni assistenziali e sviluppare un piano personalizzato di assistenza che permetta di ottimizzare la qualità di vita e allungarla il più possibile».