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Giuseppe Conte e il campo largo: «Non siamo alleati del Pd, ma abbiamo un progetto». E a Meloni: «Vi manderemo a casa»

14 Settembre 2025 - 15:30 Sofia Spagnoli
giuseppe conte fatto quotidiano
giuseppe conte fatto quotidiano
Il leader del Movimento 5 Stelle parla dal palco del Festival del Fatto Quotidiano, il pubblico è tutto per lui

«Con il Partito Democratico non siamo alleati, stiamo creando un progetto politico per mandare a casa Meloni. Non abbiamo dichiarato a priori di essere alleati», mette subito chiari paletti ai confini dell’intesa con il Partito Democratico Giuseppe Conte, oggi ospite sul palco del Festival del Fatto Quotidiano, al Circo Massimo. «Non ci possiamo dichiarare alleati, noi siamo una forza diversa, con una storia diversa dalla Quercia coi cespugli intorno». Sullo stesso palco in cui, proprio ieri pomeriggio, la segretaria del Pd, Elly Schlein ricordava il motto “testardamente unitari”, tra applausi e qualche fischio, oggi il leader del Movimento 5 Stelle viene accolto da una standing ovation. Più di cinquecento persone lo attendono, tra cartelloni con scritto “Stop genocide” e applausi scroscianti. In prima fila c’è anche il direttore del quotidiano, Marco Travaglio. Conte è a suo agio davanti a questa platea: «Qualcuno mi aggiorna sulla partita della Roma?». Ride.

Omicidio Kirk: «Sinistra non fomenta odio»

Le domande dei due giornalisti, Peter Gomez e Luca De Carolis, sono serrate. Si parte dall’attualità, dall’omicidio di Charlie Kirk. Solo ieri, alla festa dell’Udc, Giorgia Meloni aveva accusato il centrosinistra italiano di alimentare un clima d’odio, arrivando a collegarlo ai festeggiamenti per l’omicidio del conservatore statunitense (ha ripreso poi il tema anche oggi). Conte replica senza esitazioni: «Noi non fomentiamo nessun odio, siamo contro ogni violenza, contro l’omicidio, contro l’aggressione. Governate, se siete capaci. Se non siete capaci, fatevi da parte».

La partita delle regionali

Un passaggio importante Conte lo dedica anche alla partita delle Regionali, dove finora la scelta dei candidati è riuscita a far convergere il Movimento in una sintesi con le altre forze di centrosinistra, a partire dal Pd, con cui i 5 Stelle hanno già condiviso l’esperienza di governo nel Conte II. «In questa esperienza che stiamo facendo per le Regionali – spiega – non stiamo dichiarando a priori che siamo alleati. Abbiamo lavorato regione per regione per costruire un progetto: con fatica, volta per volta, abbiamo verificato se le nostre priorità venivano considerate e se si trovava un candidato competitivo. Quando non si raggiunge questo risultato, ed è successo, non partecipiamo».

Candidato premier per il centrosinistra

Parlando poi dei possibili nomi di candidati premier del centrosinistra da schieare in vista delle prossime politiche, Conte si tira fuori: «Per il M5s non sarà mai una questione di ambizione personale mia». E chiarisce subito: «Non basta solo vincere o costruire un accordo, o un finto accordo, per andare a Palazzo Chigi: rischieremmo la fine dell’Unione e di Prodi, con uno scioglimento immediato. Il programma deve essere realmente condiviso, con obiettivi strategici chiari e annunciati in anticipo. L’affidabilità dei compagni di viaggio è fondamentale: faremo di tutto per evitare accozzaglie e armate Brancaleone che si dissolvono come neve al sole il giorno dopo». Qualcuno dal pubblico lo interrompe gridando: «No Renzi!». Conte sorride: «Una platea avveduta».

Di Battista e il veto di Grillo

Parlando poi dell’eventualità di un ritorno in Parlamento di Alessandro Di Battista, volto della vecchia guardia del Movimento oggi fuori dall’agone politico, Conte precisa: «Mi farebbe piacere, certo, ma se oggi svolge un ruolo diverso non so se gli convenga rientrare in una comunità dove potrebbe sentirsi imbrigliato». Poi aggiunge un retroscena, sulle elezioni del 2022: «Beppe Grillo non fu d’accordo, ma non mi fermai nemmeno davanti a questa sua valutazione. Il veto di Grillo ci fu, ma parlando con Alessandro, insieme, convenimmo che non c’erano le condizioni».

Controllo mediatico: «Più subdolo di quando c’era Berlusconi»

Poi il tema si sposta sul consenso di Meloni, che a metà mandato si attesta ancora intorno al 30%. «Il dato è reale – ammette Conte – ma il malcontento cresce: non so ancora per quanto durerà». L’ex premier punta il dito contro il controllo del sistema mediatico: «La situazione oggi è persino peggiore rispetto ai tempi di Berlusconi. Lui aveva un conflitto di interessi così plateale che generò un muro di contrasto nel Paese. Oggi nessuno direbbe che Meloni è proprietaria di giornali o tv, e proprio per questo il controllo è più subdolo e più pesante».

La legge elettorale

Con le elezioni politiche del 2027 ancora all’orizzonte, una delle domande inevitabili riguarda la legge elettorale, tema su cui il governo sta già lavorando in vista del voto. Conte sceglie di rivolgersi direttamente alla premier: «Lo dico a Meloni, la legge elettorale va fatta in Parlamento, non nelle segrete stanze. Aprite una discussione pubblica, non ricostruzioni sottobanco. Metteteci la faccia». E chiude con una promessa: «Cambiate quello che volete, ma a casa vi manderemo»

Le questioni internaizonali

Infine, Conte affronta le questioni internazionali, dal Medio Oriente all’Ucraina. Prima della pausa estiva, il Movimento 5 Stelle aveva organizzato una manifestazione alla Camera in cui alcuni deputati si erano vestiti in modo da formare la bandiera palestinese. In diverse occasioni, il M5s ha espresso dissenso verso le linea del governo: «L’Occidente è in tilt, afono e scomposto, non più credibile quando offre copertura a Netanyahu mentre assistiamo a un genocidio. L’Occidente è intervenuto per molto meno in passato». E poi aggiunge: «Le cose sono chiare a tutti: a Gaza si sta scrivendo una pagina così vergognosa che rimarrà nei libri di storia, a danno della reputazione di Israele, ma soprattutto di questo governo, anche perché in Israele molte manifestazioni prendono le distanze»

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