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Trump-Netanyahu, l’incontro chiave su Gaza. Ostaggi, disarmo, Stato palestinese: cosa prevede il piano Usa e cosa manca per l’accordo

29 Settembre 2025 - 12:35 Simone Disegni
Il premier israeliano atteso alla Casa Bianca alle 17 ora italiana, poi la conferenza stampa: «Stiamo lavorando al piano, ma non è ancora finalizzato»

A poco meno di due anni dall’inizio della guerra «totale» tra Israele e Hamas, con la strage del 7 ottobre, torna a farsi fortissima la pressione americana sui belligeranti perché accettino un cessate il fuoco e una svolta condivisa per il futuro della Striscia di Gaza. Il nuovo piano per la fine delle ostilità lo ha messo a punto l’inviato speciale Usa Steve Witkoff e sarà al centro del faccia a faccia di oggi tra Donald Trump e Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca. I due leader, che vantano da sempre un rapporto politico e personale eccellente ma i cui interessi e obiettivi non sempre coincidono, si vedranno oggi a Washington per la quarta volta dall’inizio del secondo mandato di Trump. Il premier israeliano è atteso alla Casa Bianca alle 11 ora locale – le 17 in Italia. Sono previste poi due ore abbondanti di discussioni tra i due leader con i rispettivi consiglieri, compreso un pranzo congiunto. Poi, alle 13.15 – le 19.15 in Italia – è prevista una conferenza stampa congiunta. Per dire cosa? Trump avrà modo di annunciare l’«accordo degli accordi» di tregua che spera di poter dare da mesi, e che nelle ultime 48 ore ha provato a spingere sui social con le consuete maiuscole? Per capire quante chances ci sono, è essenziale partire dai 21 punti del piano presentato dagli Usa a Israele così come ai principali Paesi arabi.

Cosa prevede il piano Usa per Gaza

Il piano è stato messo a punto da Witkoff insieme con Jared Kushner, genero ed ex consigliere di Trump per il Medio Oriente, a partire dalle varie bozze di accordo partorite nell’ultimo anno dagli Usa e dagli altri Paesi mediatori tra Israele e Hamas. A collaborare alla sua ideazione è stato anche l’ex premier britannico Tony Blair, anch’egli già inviato speciale per il Medio Oriente del cosiddetto “Quartetto”, che potrebbe finire per avere un ruolo di primo piano nella governance transitoria della Striscia. Il piano, allo stato attuale, accontenta alcune esigenze chiave espresse nel tempo da Israele, ma ne delude altre. Lo stesso può dirsi per gli obiettivi principali di Hamas e dei leader palestinesi. Ecco i suoi punti chiave, secondo quanto anticipato dai media più accreditati che hanno potuto visionarlo come Axios e Times of Israel:

  • Cessate il fuoco permanente tra Israele, Hamas e altre milizie palestinesi
  • Rilascio di tutti gli ostaggi israeliani rimanenti (vivi o morti) entro le 48 ore successive
  • Rilascio da parte di Israele di circa 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo per attacchi omicidi contro cittadini israeliani, e di circa 2.000 palestinesi detenuti dal 7 ottobre
  • Ritiro progressivo dell’esercito israeliano dalla Striscia di Gaza
  • Ingresso di aiuti umanitari ingenti nella Striscia, con la distribuzione riposta nelle mani dell’Onu e della Croce Rossa «insieme ad altre organizzazIoni internazionali»
  • Disarmo di Hamas e smilitarizzazione dalla Striscia di Gaza, compresa la distruzione di tutti i tunnel rimanenti e delle armi pesanti
  • Amnistia per i membri di Hamas che rinunciano alla violenza, esilio sicuro fuori da Gaza per quelli che non saranno disposti a farlo
  • Ricostruzione e sviluppo della Striscia di Gaza, con finanziamenti da parte di Paesi arabi e musulmani
  • Istituzione di un governo transitorio per la Striscia, con un board arabo che includa anche un rappresentante dell’Anp e un board internazionale ed un governo tecnocratico palestinese
  • Istituzione e addestramento di una forza di sicurezza araba per la gestione della Striscia, che includa anche palestinesi
  • Un sentiero credibile verso uno Stato palestinese e un «orizzonte politico di coesistenza pacifica» a seguito di significative riforme dell’Autorità nazionale palestinese
  • Nessuna annessione né della Cisgiordania né della Striscia di Gaza da parte di Israele
  • Impegno di Israele a non attaccare più il Qatar

Ritiro dell’Idf e Stato palestinese: le linee rosse di Netanyahu

Trump ha provato a spingere per tutto il weekend il piano, preannunciando «grandi sviluppi» per tutto il Medio Oriente. Arrivato negli Usa Netanyahu ha fatto capire di essere pronto ad alcune concessioni, ma anche di avere remore su alcuni nodi chiave del piano. Venerdì ha tenuto un discorso all’Assemblea Generale dell’Onu tutto al contrattacco, in cui ha spiegato per filo e per segno perché né lui né il 90% degli israeliani hanno intenzione di accettare veda mai la luce uno Stato palestinese. «Loro non ne vogliono uno che viva accanto a Israele, ma al posto, e infatti ogni volta che s’è presentato loro un piano di partizione territoriale lo hanno rifiutato», ha spiegato. Potrà accettare solo tre giorni dopo un piano che invece – seppur al fondo del percorso e sotto condizioni – la creazione di quello Stato la prevede? I suoi alleati di governo più oltranzisti, a partire da Itamar Ben Gvir e Betzalel Smotrich, hanno già messo in chiaro che non lo accetterebbero mai. Altrettante difficoltà ad accettare un piano che metta nero su bianco il no all’annessione della Cisgiordania. A smuovere l’intreccio potrebbero essere però i partiti di centro: Benny Gantz, leader di “Blu e Bianco”, si è già detto pronto a sostenere l’esecuzione del piano, evocando un possibile governo di larghe intese se quello attuale di destra-destra dovesse cadere. Israele comunque vuole vederci chiaro anche su tempi e modi del ritiro da Gaza, e vedersi riconosciuto il diritto a stazionare nei pressi dei confini e a rientrare nella Striscia per eventuali ulteriori operazioni militari se Hamas non dovesse rispettare i patti. Netanyahu dunque sembra intenzionato a voler rivedere i dettagli del piano fino all’ultimo: «Ci stiamo lavorando, non è ancora finalizzato», ha detto ieri a Fox News. E Trump è stato costretto a confermare che in effetti no, l’intesa ancora non è raggiunta.

Le perplessità arabe e l’incognita Hamas

Tempi e modi di esecuzione dei vari step previsti dal piano sono in molti casi ancora vaghi, e questo lascia in parte perplessi anche alcuni dei Paesi arabi cui Witkoff la scorsa settimana ha presentato il piano. Per questo negli ultimi giorni anche da quel versante sono arrivate «raccomandazioni di modifica», che non è chiaro al momento se gli Usa accetteranno. Ma soprattutto, a quanto risulta, il piano formalmente non sarebbe ancora stato sottoposto a Hamas, che pure si è detta in termini vaghi «pronta ad esaminarlo». Impossibile sapere quindi quale sarà la reazione della sua dirigenza alla proposta, anche se è certo che Egitto e Qatar e forse la stessa Turchia eserciteranno forti pressioni perché accetti, specie se dall’incontro Trump-Netanyahu dovesse arrivare una sostanziale luce verde.

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