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Alessandria, il vicesegretario di Gioventù nazionale lascia FdI per Gaza: «Una volta Meloni era a favore della causa palestinese» – L’intervista

03 Ottobre 2025 - 19:20 Sofia Spagnoli
vice segretario fdi alessandria
vice segretario fdi alessandria
Ha 27 anni, tesserato in FdI fin da quando ne aveva 19. Ora ha dato le dimissioni dal partito: «I silenzi del governo sono intollerabili».

«Sicuramente qualche altro giovane c’è, ma non ha il coraggio di dirlo. Spero che la mia esperienza li aiuti a esprimersi». A parlare è Leonardo Saggiorato, 27 anni, assessore nella città di Oviglio (Alessandria), ex vicesegretario provinciale di Gioventù Nazionale, il gruppo giovanile di Fratelli d’Italia. Il giovane ha deciso di lasciare il partito di Giorgia Meloni giovedì scorso perché non riesce «più a sopportare il silenzio» del partito e della Presidente del Consiglio sulla questione palestinese. «Fratelli d’Italia prima sosteneva la causa palestinese, ma da quando è al governo sembra essersene dimenticato». Ne abbiamo parlato con lui.

Già consegnata la tessera?

«Sì. Una settimana fa ho dato le dimissioni ufficiali da segretario cittadino e segretario provinciale dicendo di accettare le mie dimissioni dagli organi che avevo e di accettare anche la mia tessera. Ma manterrò i miei incarichi a livelli comunali. Gli incarichi politici che ho attualmente derivano dal fatto che faccio parte di una lista civica, storicamente apartitica, quindi, non cambia assolutamente nulla».

Un giovane impegnato.

«Si, ho fatto la prima consigliatura a 19 anni».

È sempre stato pro-Gaza?

«Ho sempre avuto certe remore su alcuni temi del partito, e altri invece li ho appoggiati. Ma non ho mai nascosto le mie posizioni».

Cosa non riusciva a mandare più giù ultimamente?

«Gli ultimi sviluppi sulla Palestina. Condanno fermamente l’attentato di Hamas, che sia chiaro, ma non dimentichiamoci delle atrocità attuate da Israele anche prima del 7 ottobre. E poi Fratelli d’Italia è sempre stato a favore della questione palestinese. Ora che siamo al Governo, ce lo siamo dimenticati».

E perché?

«Non escludo che vi siano pressioni internazionali, in particolare dagli Stati Uniti, o comunque dinamiche di politica estera. Resta però un dato di fatto: della Palestina non si parla più. E considero questa scelta poco coerente con la storia politica del partito».

È stato richiamato dal partito per il suo posizionamento pro-Gaza?

«No. Indifferenza totale, sia a livello giovanile che di Fratelli d’Italia».

Quindi la sua è stata una scelta spontanea?

«È stata una presa di coscienza maturata nel tempo. I silenzi del governo sul genocidio a Gaza sono intollerabili. Stare zitti e dire “Israele ha il diritto di difendersi”, e poi aprire gli occhi solo quando politici e cittadini si rendono conto che muoiono persone, senza avere il coraggio di riconoscere la Palestina, anche considerando la presenza di Hamas, è deplorevole».

È andato alle mobilitazioni pro-Gaza e pro-Flotilla degli ultimi giorni?

«No, ho lavorato. Però, pur condannando quello che è successo alla stazione di Milano, appoggio le manifestazioni pacifiche in piazza. È un segnale positivo che i cittadini scelgano di partecipare in modo non violento, per esprimere la loro vicinanza alla causa palestinese».

Se fosse in una situazione diversa ci sarebbe andato?

«Sì, a quelle pacifiche sì».

E sul posizionamente dell’Esecutivo sul piano di pace a firma di Trump?

«Non è sufficiente perché non coinvolge direttamente l’Autorità nazionale Palestinese, che dev’essere protagonista nell’attività di ricostruzione del suo paese. La pace non dev’essere imposta solo da Trump e Netanyahu».

C’è qualche altro partito di cui sta apprezzando il posizionamento su Gaza?

«È un discorso che si lega alla mia maturazione personale. Avevo 19 anni quando mi sono avvicinato al partito. Con il tempo, crescendo e cambiando lavoro e casa, ho maturato nuove convinzioni su ciò che penso davvero. Mi sono chiesto: “Ho fatto qualcosa per migliorare il mio partito? E il mio partito ha fatto qualcosa per migliorarsi?”. La risposta è in parte sì e in parte no, ma prevalgono i no. Un esempio: l’Iva al 5% sui prodotti per l’infanzia, presentata come bandiera elettorale e poi eliminata l’anno successivo, con la giustificazione che non compensava l’inflazione».

Ci sono altri casi come il suo dentro al partito?

«Sicuramente qualcuno c’è, ma non ha ancora trovato il coraggio di dirlo. La destra ha sempre sostenuto la causa palestinese, e sentir dire adesso che “è una battaglia della sinistra” non è né carino né elegante. Alla fine, è una questione di umanità».

Come hanno reagito i suoi concittadini?

«C’è un grande sostegno da parte di tutti i poli politici. Da tutti e tre gli schieramenti, destra, sinistra e centro».

Un problema di coerenza, dunque.

«Io confido che anche altri giovani possano arrivare a questa presa di coscienza. Un piccolo momento di riflessione con sé stessi, ogni tanto, è necessario».

Quindi, quale tessera prenderebbe in futuro?

«È difficile dirlo adesso. Ora mi definisco al centro. Azione, può essere un’ottima alternativa. Come anche Forza Italia, anche se non apprezzo molto come sta trattando la questione palestinese».

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