Gaza, accordo vicino: la firma sul piano pace possibile già nel weekend. «Ostaggi liberi a inizio settimana». Hamas accetta il disarmo, ma chiede garanzie – La diretta

Hamas, nel corso del secondo giorno di colloqui in Egitto, avrebbe «accettato di consegnare le sue armi a un comitato egiziano-palestinese, rifiutando categoricamente di affidare la gestione della Striscia di Gaza a un comitato di transizione internazionale». Lo riporta l’agenzia Efe dal Cairo citando una fonte palestinese informata. Hamas «propone di negoziare la gestione di Gaza con l’Autorità Nazionale Palestinese» e «rifiuta la presenza di Tony Blair come governatore di Gaza», pur «accettando che assuma un ruolo di monitoraggio a distanza».
Intanto si era concluso «in un clima positivo» il primo giorno di colloqui tra Hamas e i mediatori egiziani, tenutosi a Gaza prima che la delegazione palestinese partisse per Sharm el-Sheikh. Nella località balneare sul Mar Rosso riprendono il via oggi i dialoghi anche in presenza della controparte israeliana e di rappresentanti di Stati Uniti e Qatar. Il nodo del discorso, per questa prima fase di trattative, saranno i termini dello scambio proposto da Trump tra gli ostaggi ancora in mano al gruppo sunnita e alcuni prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
Hamas chiede liberazione di Barghouti
Hamas chiede il rilascio di Marwan Barghouti, detenuto in una prigione israeliana, nell’ambito dei negoziati in corso per uno scambio di ostaggi. Lo riferiscono i media egiziani legati allo Stato. Al-Qahera News, vicina ai servizi segreti egiziani, ha affermato che nella località turistica egiziana di Sharm El-Sheikh sono iniziati i colloqui sulle liste dei detenuti palestinesi da liberare da Israele in base a un potenziale accordo di cessate il fuoco. Barghouti, membro di spicco del partito palestinese Fatah e incarcerato dal 2002, è tra i numerosi detenuti di alto profilo di cui Hamas chiede il rilascio. Tra gli altri nomi menzionati ci sono Ahmad Saadat, Hassan Salameh e Abbas Al-Sayed
Netanyahu: «Giorni decivisi per la liberazione degli ostaggi. Ma dobbiamo eliminare Hamas»
«Siamo in giorni decisivi. Continueremo ad agire per conseguire tutti gli obiettivi della guerra: il ritorno di tutti gli ostaggi, l’eliminazione del dominio di Hamas e la garanzia che Gaza non rappresenti più una minaccia per Israele. Rimarremo uniti, e insieme, con l’aiuto di Dio, vinceremo». Lo dichiara in una nota il premier israeliano Benyamin Netanyahu.
In una nota diffusa dall’ufficio del primo ministro, Benyamin Netanyahu ricorda che «sono passati due anni dall’attacco del 7 ottobre, il terribile massacro dei nostri fratelli e sorelle, residenti del Negev occidentale e partecipanti alla festa Nova. Abbiamo pagato un prezzo dolorosissimo. Neonati, bambini, adulti e anziani sono stati assassinati con inaudita crudeltà da terroristi di Hamas. 251 uomini e donne sono stati rapiti e portati nelle gallerie del terrore nella Striscia di Gaza». Il premier afferma: «Io e mia moglie abbassiamo il capo in memoria dei nostri caduti, la cui immagine rimarrà scolpita nei nostri cuori per sempre. Abbracciamo con amore le famiglie in lutto, auguriamo piena guarigione ai feriti nel corpo e nello spirito, e naturalmente continuiamo a impegnarci in ogni modo possibile per il ritorno di tutti i rapiti, vivi e morti allo stesso modo».
«I nostri nemici assetati di sangue ci hanno ferito gravemente, ma non ci hanno spezzato – continua – presto hanno scoperto la straordinaria forza del popolo di Israele. La guerra su sette fronti è una guerra fatale per la nostra casa, una guerra per la nostra stessa esistenza e per il nostro futuro». Il primo ministro conclude affermando che «accanto all’immenso dolore, c’è un grande orgoglio per la mirabile capacità di resistenza del nostro Stato. Chi alza la mano contro Israele subisce colpi decisivi senza precedenti».
Possibile accordo sul piano di pace nel weekend
Una fonte a conoscenza dei dettagli delle trattative in corso a Sharm ha dichiarato a Channel 12, l’emittente più importante in Israele, che le autorità «si stanno preparando al rilascio degli ostaggi all’inizio della prossima settimana. Witkoff e Kushner non si fermeranno per più di due o tre giorni e si stima che la firma avverrà entro il weekend, se non ci saranno sorprese». “Israele chiederà di ricevere tutti gli ostaggi vivi entro un giorno, e dopo anche i morti», ha detto la fonte. Se le parti non raggiungeranno un accordo, gli Usa potrebbero proporre un compromesso finale, con un approccio «prendere o lasciare».
Hamas chiede garanzie internazionali sul cessate il fuoco definitivo
Il secondo giorno di colloqui tra i mediatori e la delegazione di Hamas in Egitto «si è concluso poco fa». Lo scrive Al Jazeera citando un alto funzionario dell’organizzazione palestinese. Secondo la fonte, il secondo giorno di negoziato a Sharm el-Sheikh si è concentrato sulle mappe di ritiro dell’Idf e sulla programmazione del rilascio degli ostaggi israeliani. La delegazione di Hamas – scrive Al Jazeera – ha chiesto di collegare le fasi del rilascio dei prigionieri israeliani alle fasi del ritiro delle forze armate israeliane: secondo il gruppo palestinese: il rilascio dell’ultimo ostaggio israeliano deve coincidere con il ritiro definitivo delle forze israeliane. La delegazione di Hamas ha poi sottolineato la necessità di ottenere garanzie internazionali per un cessate il fuoco definitivo, incluso il ritiro di tutte le truppe israeliane dal territorio di Gaza.
Trump ottimista scrive alle famiglie degli ostaggi: «Sono deciso a riportarli a casa»
«Sono deciso a riportare a casa tutti gli ostaggi e ad assicurare la totale distruzione di Hamas, affinché questi atti orribili non si ripetano mai più». Lo ha scritto il presidente americano Donald Trump rivolgendosi alle famiglie degli ostaggi israeliani, in una lettera inviata per i due anni dall’attacco del 7 ottobre 2023. «Queste scene indicibili sono rimaste impresse nella nostra memoria e non le dimenticheremo mai», ha scritto Trump, «sappiate che restiamo fermamente impegnati a porre fine sia a questo conflitto sia alle ondate di antisemitismo, sia in patria che all’estero». Trump ha anche detto di vedere «una reale possibilità di raggiungere un accordo di pace a Gaza», rispondendo a una domanda durante l’incontro con il primo ministro canadese Mark Carney. «Una volta che l’accordo su Gaza sarà raggiunto, faremo tutto il possibile per assicurarci che tutti lo rispettino».
Erdogan: «Il governo Netanyahu è la maggiore minaccia regionale»
«Gli ultimi attacchi di Israele contro il Qatar dimostrano che la minaccia più grande per la stabilità della nostra regione deriva dall’attuale amministrazione di questo Paese». Lo ha affermato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, durante il suo intervento presso il 12esimo vertice dei capi di Stato dell’Organizzazione degli Stati Turchi, a Gabala in Azerbaigian, come riferisce Anadolu.
L'ambasciata di Israele contro cardinale Parolin
«La recente intervista al Cardinale Parolin, sebbene sicuramente ben intenzionata, rischia di minare gli sforzi per porre fine alla guerra a Gaza e contrastare il crescente antisemitismo. Si concentra sulla critica a Israele, trascurando il continuo rifiuto di Hamas di rilasciare gli ostaggi o di porre fine alla violenza. Ciò che più preoccupa è l’uso problematico dell’equivalenza morale laddove non è pertinente». Lo afferma l’Ambasciata d’Israele presso la Santa Sede. «Ad esempio, l’applicazione del termine ‘massacro’ sia all’attacco genocida di Hamas del 7 ottobre sia al legittimo diritto di Israele all’autodifesa. Non esiste equivalenza morale tra uno Stato democratico che protegge i propri cittadini e un’organizzazione terroristica intenzionata a ucciderli. Ci auguriamo che le dichiarazioni future riflettano questa importante distinzione».
«Tra due giorni sfideremo di nuovo il blocco navale israeliano»
«Tra due giorni le persone di Gaza Freedom Flotilla e Thousand Madleens to Gaza sfideranno di nuovo il blocco navale israeliano. Fate rumore e poi riorganizziamoci per la prossima irresponsabile provocazione globale». Lo annuncia attraverso i suoi canali social Antonio La Piccirella, attivista della Global Sumud Flotilla rientrato ieri sera in Italia dopo essere stato fermato al largo di Gaza. Stasera rientrerà a Bari, sua città di origine. «Eravamo in una prigione al confine con Gaza – spiega – nell’ala accanto a noi c’erano i nostri fratelli e sorelle palestinesi, il nostro avvocato ci ha detto che potevano sentire le canzoni, i canti, il casino che stavamo facendo. E che ha rotto il loro isolamento e ha portato un po’ di speranza». «Non potevamo sentirli – prosegue – perché non gli è permesso cantare. Abbiamo sentito solo i caccia volare sopra le nostre teste, mentre andavano a bombardare la loro terra». «Mi fa male la gola, ma mi stanno curando. Domani proverò a cercare un nuovo telefono», ha aggiunto.
Flotilla: 131 attivisti espulsi in Giordania
L’agenzia di stampa statale giordana riferisce che oggi 131 attivisti della Sumud Flotilla sono stati espulsi da Israele in Giordania attraverso il ponte di Allenby. Secondo quanto riportato dal ministero degli Esteri giordano gli attivisti provengono dai seguenti paesi: Bahrein, Tunisia, Algeria, Oman, Kuwait, Libia, Pakistan, Turchia, Argentina, Australia, Brasile, Colombia, Repubblica Ceca, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Serbia, Sudafrica, Svizzera, Regno Unito, Stati Uniti e Uruguay.
Il messaggio di Mattarella: «Israele applichi le norme del diritto»
Dopo l’accorato discorso della premier Giorgia Meloni, anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato in occasione del secondo anniversario del massacro del 7 ottobre 2023, perpetrato dai miliziani di Hamas contro i civili israeliani. Secondo il capo di Stato un attentato «di raccapricciante ed efferata violenza», che non deve essere attenuato dall’«orrore e condanna, pubblicamente e ripetutamente espressa, per la violenza crudele e inaccettabile delle armi di Israele». Una violenza, quella israeliana, «cui è indispensabile porre fine, con la necessità che Israele applichi con pienezza le norme del diritto internazionale umanitario», ha ribadito Mattarella. Il presidente della Repubblica ha poi ricordato che è necessario tenere ben separati i «sentimenti che suscita quanto avviene a Gaza» e «il sentimento ignobile dell’antisemitismo, che si fonda su imbecillità e diffonde odio».
Raid israeliano su Khan Younis: «Morto un bambino»
Se il clima negoziale per ora sembra reggere, il cessate il fuoco a Gaza è una questione ancora lontana. Secondo fonti sanitarie interne alla Striscia, un nuovo raid dell’Idf avrebbe colpito la città meridionale di Khan Younis. Le bombe, secondo Al Jazeera, avrebbero ferito numerosi civili e ucciso un bambino. Anche l’esercito dello Stato ebraico ha denunciato un tentativo di attacco verso il suo territorio più settentrionale: «Un razzo è stato lanciato dalla Striscia, è esploso in campo aperto senza provocare vittime né danni».
