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«Leonardo bullizzato in classe, il prof continuava la lezione». Il dolore della mamma del 15enne un anno dopo il suicidio

07 Ottobre 2025 - 09:51 Ugo Milano
leonardo calcina bullismo suicidio senigallia
leonardo calcina bullismo suicidio senigallia
Leonardo Calcina si è tolto la vita il 13 ottobre 2024, per ora l’inchiesta per istigazione al suicidio rimane contro ignoti. La madre Viktoryia Romanenko: «Tutti hanno ignorato»

L’ironia sul cognome, perché «finiva per “a” quindi è femminile». Gli spintoni e i pedinamenti, fin dentro il bagno dell’istituto Panzini di Senigallia. Una persecuzione contro il 15enne Leonardo Calcina che è andata avanti anche dopo un tentativo di rappacificazione. Anzi il tormento è aumentato, finché il 13 ottobre 2024 il giovane ha preso la pistola d’ordinanza del padre, vigile urbano, e si è tolto la vita. «È passato quasi un anno ma abbiamo ricevuto solo silenzio», ha raccontato la madre Viktoryia Romanenko a La Stampa. «Tutti hanno ignorato cosa stava succedendo. I professori andavano avanti con la lezione».

L’ultimo dialogo con la mamma e il tentativo di fare la pace

«Se i professori mi avessero chiamata, se qualcuno avesse lanciato l’allarme penso che mio figlio sarebbe ancora qui». Il dolore di mamma Viktoryia è tangibile, anche perché pochi giorni prima del tragico epilogo lei e il figlio avevano parlato proprio della questione bullismo: «Si era confidato durante una passeggiata. Gli avevo spiegato che bisognava andare dai carabinieri. Lui ci voleva riflettere». Poi ha provato a risolverla a modo suo, tendendo la mano a chi lo insultava e gli metteva le mani addosso: «Ha parlato con uno di loro: “Finiamola qui, diventiamo amici”. Ma l’hanno tormentato ancora più violentemente». Anche colpendolo nelle parti intime.

La confessione al professore: «Non l’ha aiutato»

Al momento, dodici mesi dopo, l’inchiesta è ferma a istigazione al suicidio contro ignoti. Eppure qualche identikit la madre di Leonardo Calcina ce l’ha ben presente: «So solo che i bulli erano soprattutto due femmine e due maschi della sua classe. Poi ci sarebbero forse altri soggetti estranei al contesto scolastico». Si accanivano contro di lui perché era gentile, perché era biondo e «straniero» nonostante fosse «italianissimo» come il padre. «La scuola era iniziata a settembre, lui si è tolto la vita il mese dopo. Anche sul cellulare hanno trovato messaggi ambigui», ha ammesso la madre. Spesso le angherie avvenivano in classe, di fronte al professore, ma nulla: «Leo si era anche rivolto a un docente, spiegando che voleva cambiare scuola perché non si trovava bene, ma non è stato aiutato né ci hanno informati».

L’appello a Valditara: «Il bullismo diventi reato»

Ora Viktoryia Romanenko continua la sua battaglia. Sui social raccoglie decine di migliaia di visualizzazioni con video e post sul tema del bullismo. Sul lato giuridico non può far altro che attendere gli sviluppi e affidarsi alle orecchie del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara: «Al ministro abbiamo chiesto una proposta di legge che porti il nome di mio figlio. Chiediamo di coniare il reato di bullismo e introdurre nelle scuole una materia relazionale obbligatoria». Ma l’ultimo appello, in memoria del suo Leo, mamma Viktoryia lo fa agli insegnanti: «Si ricordino perché hanno voluto intraprendere il mestiere dell’insegnamento. Non è solo seguire un programma, ma dare anche un esempio, un’educazione, vigilare. Hanno doveri nei confronti di alunni e famiglie». 

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