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Flotilla, scomparsi da 32 ore gli italiani fermati in Israele. Le famiglie denunciano: «Obbligati a dichiarare amore per Israele»

09 Ottobre 2025 - 15:39 Ugo Milano
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La preoccupazione delle famiglie degli attivisti: «Silenzio dalla Farnesina». I legali: «In porto calci e schiaffi agli attivisti»

Da più di trentadue ore non si avrebbero notizie degli italiani imbarcati sulla Conscience e sulla ThousandMadleens, le due barche della Freedom Flotilla dirette verso Gaza. Dopo l’arrivo ad Ashdod, gli attivisti sarebbero stati trasferiti nel supercarcere di Ketziot, nel deserto del Negev. Da allora, nessun contatto. Secondo quanto riferito ai familiari, i funzionari dell’ambasciata italiana non hanno potuto incontrarli ieri, mercoledì 8 ottobre, in porto. Solo nelle ultime ore sarebbero iniziate le visite consolari nel carcere di massima sicurezza. Ma dai parenti non arriva alcun riscontro. «Non sappiamo nulla», denuncia Azzurra Corradini, sorella di Riccardo, medico a bordo della Conscience, ripresa da Repubblica. «Parliamo di persone che portavano aiuti, non di militanti politici», aggiunge Corradini. «Medici, infermieri, pedagogisti, giornalisti. Solo umanità, non propaganda. Il silenzio delle istituzioni è inaccettabile». Anche la Freedom Flotilla accusa le autorità diplomatiche di inerzia. «Ci aspettavamo che proteggessero i nostri cittadini e fornissero informazioni. Invece, nulla», dichiara il coordinatore Zaher Darwish.

Le violenze al porto di Ashdod

Gli avvocati dell’organizzazione Adalah, arrivati ad Ashdod dopo l’intercettazione, riferiscono di un trattamento «brutale». Circa cento dei 145 attivisti catturati – fermati in acque internazionali davanti all’Egitto – sono riusciti a parlare brevemente con i legali. Le testimonianze parlano di calci, schiaffi, strattoni e umiliazioni. Molti sarebbero stati costretti a restare inginocchiati per ore, con il volto verso terra, sotto minaccia di percosse. Altri raccontano di pressioni psicologiche e insulti. Alcuni sarebbero stati obbligati a dichiarare «amore per Israele» e «disprezzo per il proprio Paese». Fonti legali riferiscono che il trattamento più duro sarebbe stato riservato ai cittadini di Stati europei che hanno criticato la guerra a Gaza o imposto sanzioni a Israele.

Il trasferimento nel Negev e i parlamentari coinvolti

Nella notte, tutti gli equipaggi sono stati trasferiti nel carcere di Ketziot, ad eccezione di tre parlamentari turchi, già rientrati in patria via Azerbaigian. Rimangono invece detenuti tre attivisti israeliani, che saranno giudicati da tribunali ordinari. Tra i prigionieri ci sono anche deputati europei di diversi Paesi, tra cui Danimarca, Francia e Spagna. Una di loro, l’eurodeputata Gimena Gonzalez Gomez, si trovava su una barca battente bandiera italiana. Il gruppo ambientalista Ultima Generazione, che conta tra i fermati il medico torinese Francesco Prinetti, parla di «rapimento su suolo italiano».

Gli italiani detenuti

Sulla Conscience, definita “ospedale galleggiante”, viaggiavano sei italiani: il chirurgo Riccardo Corradini, chirurgo, ex studente Erasmus a Gaza, Stefano Argenio, infermiere e sindacalista Cgil, Elizabeth Di Luca, pedagogista e ricercatrice, Claudio Torrero, docente di filosofia e monaco buddhista, Vincenzo Fullone, attivista già colpito da un divieto d’ingresso in Israele e il medico Francesco Prinetti. Sulla ThousandMadleens invece erano imbarcati Beatrice Lio, marittima veneta; Lorenzo Bresciani, neurologo dell’ospedale di Padova; e Lorenzo Mollicone, giornalista del magazine Scomodo.

Le reazioni internazionali

Madrid si è attivata per ottenere il rilascio dei cittadini spagnoli. «Stiamo lavorando perché tornino a casa il prima possibile», ha dichiarato il ministro degli Esteri José Manuel Albares. Anche il Parlamento europeo segue da vicino la vicenda. «Siamo in contatto costante con le autorità israeliane per garantire un trattamento dignitoso», ha assicurato la presidente Roberta Metsola. Le parole arrivano dopo le preoccupazioni espresse dai Verdi per le condizioni dell’eurodeputata Melissa Camara.

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