I bravi ragazzi del pop hanno spazzato via i bulletti della trap?


E se la trap stesse morendo? E se il podio dell’ultima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo ci avesse dato un’indicazione più precisa di quella che ci saremmo potuti immaginare? Se l’epoca dei duri di plastica, tutta «Faccio soldi e stream/vado a letto con le “bitch”/ Mi drogo e sono un delinquente», sia arrivata al capolinea? D’altra parte se è vero, ed è vero, che Sanremo ha anche il compito di fotografare un momento, allora il fatto che ad uscire fuori vincitori dal Festivàl siano stati soprattutto Lucio Corsi e Olly, quello che voleva «Essere un duro» ma alla fine no e quello che disperato, alla fine di una storia, ricorda strutto dal dolore che «Ci bastava ridere, piangere, fare l’amore, poi stare in silenzio per ore», dovrà pur significare qualcosa.
Specie se nella stessa edizione di Sanremo assistiamo alla totale debacle di Tony Effe, praticamente il simbolo della trap, che, forse, ha manifestato quanto gracili siano le ossa di un genere che, a differenza di altri paesi come Stati Uniti e Francia – dove si è evoluto in qualcosa di decisamente più intellettuale – non ha mai regalato particolari memorabilia.
La trap ha scandalizzato fin quando scandalizzarsi per una certa narrativa poteva tornare utile, specie politicamente, ma, ormai, ha smesso di attirare attenzione. Attenzione e clienti, nonostante la trap abbia rappresentato una vera e propria rivoluzione, un fenomeno fuori dall’ordinario da analizzare con grande attenzione e serietà, alla fine a riempire gli stadi (al plurale), mettendo da parte Vasco ed altri grandi classici della musica italiana, sono sempre gli stessi: Pinguini Tattici Nucleari e Ultimo.
Una questione di percezione
Intendiamoci, il mercato discografico è, è stato e sempre rimarrà in mano agli ultraminorenni, è quella la fetta di mercato che fa massa, che smuove le acque, una fetta di mercato che ancora rifiuta, anche perché fisiologicamente nemmeno pronta, l’impegno cantautorale nella musica. Una massa assai addicted alla pratica del mastica e sputa, che però perlomeno una volta mandava in vetta alla classifica FIMI i propri idoli take away nella settimana dell’uscita del disco, per poi dimenticarsene in un lampo, oggi non riesce nemmeno a fare più questo.
Se diamo un’occhiata alle classifiche FIMI da gennaio 2025 ad oggi, ci accorgiamo che un solo disco trap ha avuto un certo successo e parliamo del joint album di Sfera Ebbasta e Shiva Santana Money Gang, settimane in vetta alla classifica: tre e nemmeno consecutive (16, 18 e 21). Poi, riferendoci al rap con al centro certe tematiche street, abbiamo Artie 5ive primo nel 14esimo weekend con il disco Labellavita e Niky Savage con Rapper primo al 29esimo, entrambi comunque spariti dai radar già dopo un paio di settimane. 5 settimane e basta, le altre 35 a guardare tutti dall’alto artisti pop, spesse volte Olly e il suo Tutta vita, alle volte stranieri, al massimo rapper old school come Guè, Salmo e Fabri Fibra.
Quella di cui parliamo allora non è solo una percezione. La percezione che i nomi che hanno fatto la fortuna della trap si stiano piano piano eclissando, che quella sottocultura, che non prevede solo la musica ma attraverso la musica è stata lanciata, abbia perso di brillantezza e che, di rimbalzo, un certo pop melodico si stia riprendendo la scena.
Il successo dei bravi ragazzi della musica italiana
Il trend dei bravi ragazzi della musica italiana parte anche prima di Sanremo ’25, i Pinguini Tattici Nucleari e Ultimo collezionano tour sold out negli stadi da diversi anni. Nei loro brani drammi ed interrogativi, tradotti in musica benissimo e il suo contrario, ok, comunque toccando certe corde. E poi è arrivato Sanremo ’25, il caso Lucio Corsi, cantautore proveniente dal circuito indie che commuove per la sua delicatezza, che duetta con Topo Gigio e rivendica le sue origini provinciali. Altro che Milano, Ferrari e champagne.
Un Festival che vince Olly, che ha anche connessioni con la scena rap, ma che ha trovato la sua fortuna nella sua declinazione cantautorale, generazionale, che si tiene ben attaccato alle sue origini, che sente ancora «l’esigenza di sentirmi un po’ coglione», che si tiene stretti i suoi amici d’infanzia, quelli con i quali ancora si diverte a deturpare la mise en place di un ristorante, godendosi a pieno la propria umanità, senza fare i muscoli nelle canzoni.
Quella del 2025 è stata l’estate di Alfa, non esattamente il primo dei duri e puri, anzi, un ragazzo particolarmente garbato che non ha mai nascosto il fatto di essere stato bullizzato da piccolo, quello che l’amore «ci fa dormire male cinque ore». Senza cadere in facili bigottismi, ma altro che «Prendo una bitch, diventa principessa / Le ho messo un culo nuovo, le ho comprato una sesta» (Miu miu, Tony Effe), concettualmente il salto è oceanico. Ecco, se siete tra quelli che nella stagione primavera/estate avevate un biglietto per i loro concerti, ritenetevi fortunati, sono molti di più quelli che li cercavano e si sono dovuti accontentare di rosicare guardando le vostre storie su Instagram.