Bollette «extra-large», perché l’energia è così cara in Italia e cosa può fare l’Ue su gas e elettricità


Ci sarà anche il caro-energia fra i temi sul tavolo del Consiglio europeo di giovedì 23 ottobre. In vista del vertice, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è tornata a parlare della necessità di intervenire per abbassare il costo delle bollette, anche in Italia, citata tra i Paesi con i prezzi dell’energia più elevati del Vecchio Continente. «I prezzi sono più bassi in Svezia, Finlandia, Francia e Spagna, ma notevolmente più alti in Italia, Irlanda e Europa sud-orientale. Dobbiamo studiare misure Ue efficaci a breve termine per ridurre i prezzi dell’energia nell’Unione. La Commissione europea presenterà proposte pertinenti il prima possibile», ha annunciato la leader tedesca. A giorni sapremo di che si tratta. Di certo tra le proposte ce n’è una che circola tra gli esperti del settore da almeno tre anni e che sembra mettere d’accordo tutti: il disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’elettricità. Ma se il consenso è quasi unanime, come mai non c’è stato alcun passo concreto verso questo nuovo meccanismo?
Come funziona il mercato europeo dell’energia
Per rispondere a questa domanda, occorre capire innanzitutto come funziona il mercato europeo dell’energia, basato sul cosiddetto «sistema marginalista». In sostanza, viene venduta prioritariamente l’energia prodotta con costi marginali minori, ossia quella per cui un aumento della produzione pesa meno sui conti dell’azienda produttrice. Le fonti fossili, come gas o carbone, hanno un costo marginale piuttosto elevato, mentre le rinnovabili — che dipendono dal sole o dal vento — hanno un costo marginale sostanzialmente pari a zero. Ogni giorno, i produttori di energia offrono la loro elettricità sul mercato all’ingrosso. Tutte le offerte vengono accettate in ordine di prezzo, fino a coprire la domanda prevista per l’ora successiva. Il prezzo finale, però, è uguale per tutti e corrisponde a quello della centrale più costosa necessaria per soddisfare la domanda, che in Europa è quasi sempre una centrale a gas.
Il sistema «pay as clear» e i vantaggi (ormai nulli) per i cittadini
Per quanto oggi potrebbe suonare strano, questo sistema — chiamato pay as clear — fu introdotto sul finire degli anni Novanta per garantire più trasparenza sul costo dell’energia e incentivare le fonti rinnovabili. Questo perché il maggiore prezzo dell’elettricità sui mercati avrebbe assicurato margini di guadagno notevoli alle aziende che producono energia con solare ed eolico, permettendo loro di compensare gli investimenti iniziali per costruire gli impianti. Il problema è che questo meccanismo si sta rivelando sempre più obsoleto. I vantaggi per i consumatori sono praticamente spariti a causa del forte aumento del prezzo del gas, che ha trascinato con sé (al rialzo) anche il costo dell’elettricità, nonostante il ricorso alle rinnovabili sia aumentato.

Come funzionerebbe il disaccoppiamento
È proprio per spezzare questo circolo vizioso che diversi Paesi europei — compresa l’Italia — chiedono da tempo di riformare il mercato energetico europeo per disaccoppiare il prezzo del gas da quello dell’energia in generale. Se questa proposta venisse accolta, si creerebbero di fatto mercati dell’energia separati in base alla fonte che viene utilizzata per produrla. Di conseguenza, i contratti per la fornitura di elettricità generata esclusivamente con rinnovabili diventerebbero molto più convenienti per cittadini e imprese. Oltre ad abbassare le bollette, dunque, il disaccoppiamento potrebbe dare un nuovo impulso alla transizione verso solare ed eolico.
Finora, tuttavia, il decoupling di gas ed elettricità è rimasto niente più che una semplice suggestione. Il motivo principale è che occorre una riforma europea per introdurlo, il che significa riuscire a mettere d’accordo tutti i Paesi Ue. In più, ci sono una serie di ostacoli “tecnici” che rischiano di rallentare il processo. Le rinnovabili, infatti, sono fonti di energia «intermittenti», nel senso che dipendono da fattori esterni non controllabili, come le condizioni meteorologiche, e hanno bisogno di essere stabilizzate con impianti di stoccaggio o centrali nucleari o a gas. Secondo alcuni esperti, questo complica la prospettiva di creare mercati completamente separati in base alla fonte di energia.
L’«eccezione iberica» e i benefici in bolletta
In attesa che le trattative in sede europea portino a una svolta, i governi hanno a disposizione una sola strada per evitare che sia sempre il gas a determinare il prezzo dell’elettricità: aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili. In questo modo, il gas finisce per avere un peso sempre più marginale sul mix energetico nazionale e, di conseguenza, sulla determinazione del prezzo. C’è un Paese che ha optato per questa soluzione con risultati piuttosto sorprendenti. Si tratta della Spagna, che più di chiunque altro sta spingendo l’acceleratore sulla produzione di energia pulita. Secondo uno studio pubblicato nei giorni scorsi dal think tank Ember, la rapida crescita di eolico e solare ha ridotto del 75% l’influenza del gas e del carbone sui prezzi generali dell’elettricità rispetto al 2019.
Nello stesso lasso di tempo, in Germania e in Italia il calo è stato rispettivamente del 12% e del 13%. Il risultato è che la Spagna è diventata uno dei mercati elettrici più economici d’Europa, pur dovendo fare i conti con una serie di altre criticità, legate per esempio alla stabilità della rete, come dimostrato dall’enorme blackout che lo scorso aprile ha paralizzato il Paese. Ma oltre a puntare con decisione sulle rinnovabili, la Spagna è l’unico Stato Ue — insieme al Portogallo — ad aver ricevuto il via libera di Bruxelles per un esperimento concreto di disaccoppiamento. Con la cosiddetta «eccezione iberica», Madrid e Lisbona hanno introdotto un tetto temporaneo al prezzo del gas usato per produrre elettricità, finanziato in parte da un prelievo sui profitti delle stesse aziende energetiche.
Perché in Italia l’energia elettrica costa così tanto?
E in Italia? Il nostro Paese non solo è ben lontano dall’ottenere un disaccoppiamento del prezzo di gas ed elettricità, ma è anche tra quelli che soffrono di più in Europa per il caro-bollette. Secondo uno studio di Confindustria, nel 2024 le imprese italiane hanno pagato l’elettricità l’87% in più rispetto alla Francia, il 70% in più rispetto alla Spagna e il 40% in più rispetto alla Germania. Questo squilibrio ha diverse ragioni. Le tasse sulle bollette delle imprese, per esempio, sono tra le più alte di tutti i Paesi Ue, mentre quelle per i consumatori domestici sono tutto sommato in linea con la media.
Ma il vero problema dell’Italia, sottolineato a più riprese dagli esperti di energia, è l’eccessiva dipendenza dal gas, con cui viene prodotto circa il 40% dell’elettricità consumata in Italia. Il risultato è che il prezzo del gas finisce per determinare molto spesso anche il prezzo dell’elettricità generata con altre fonti, comprese le rinnovabili, facendo alzare le bollette. Nel rapporto sulla competitività di Mario Draghi si legge che in Italia, nel 2022, il prezzo dell’energia elettrica all’ingrosso è stato determinato dal gas nel 90% dei casi. Si tratta della percentuale più alta fra tutti i Paesi Ue.

Il pressing di opposizioni e Confindustria, la giravolta di Meloni
Il disaccoppiamento del prezzo di gas ed elettricità viene chiesto a cadenza regolare dai partiti di opposizione, a partire dal Pd, che da tempo incalza il governo su questo tema. «Per ridurre i costi dell’energia si può fare molto anche a costo zero. Quello che noi proponiamo è di fare il disaccoppiamento, cioè scollegare il prezzo dell’energia da quello del gas, perché il gas è la fonte più cara, ma è quella che determina il costo delle bollette», è tornata sul tema Elly Schlein nei giorni scorsi. E mentre il governo lavorava alla Manovra, anche Confindustria è tornata in pressing sull’esecutivo: «La parola d’ordine è disaccoppiamento. L’abbiamo capita tutti, siamo tutti d’accordo, ma allora cosa aspettiamo a farlo? Non è possibile pagare l’energia quanto la stiamo pagando oggi, sta diventando insostenibile», diceva il presidente Emanuele Orsini.
Il governo, dal canto suo, non si è mai detto contrario a intervenire in tal senso. Anzi, nel 2022 — nel pieno della campagna elettorale per le elezioni politiche — Fratelli d’Italia prometteva che sarebbe riuscito a introdurre la misura senza bisogno di aspettare la riforma europea. «Il disaccoppiamento può essere realizzato subito anche a livello nazionale. E secondo i nostri calcoli, avrebbe un costo sostenibile e un effetto immediato sulle bollette», rivendicava Giorgia Meloni. Una volta approdata a Palazzo Chigi, la premier si è dovuto scontrare con la realtà dei fatti: ad oggi, una forma di disaccoppiamento dei prezzi a livello nazionale è stata autorizzata dall’Ue solo per Spagna e Portogallo, ma è considerata non replicabile per motivi tecnici e geografici. Un concetto che anche il ministro dell’Ambiente, Gilberto Pichetto Fratin, è solito sottolineare: «Non possiamo paragonarci a Francia e Spagna, l’80% della nostra energia proviene da fonte estero. Tutti chiedono il disaccoppiamento, ma è una partita che si gioca a livello europeo».
Von der Leyen: «Riequilibrare le tasse sull’elettricità»
Sulla questione è tornata proprio oggi Ursula von der Leyen, che ha rilanciato sulla necessità di riequilibrare il peso di gas ed energia elettrica, sia in termini di tassazione che di determinazione del prezzo. «L’elettricità è colpita in modo sproporzionato, con tasse per l’industria quindici volte superiori a quelle per il gas e per le famiglie cinque volte superiori: ciò va contro la nostra necessità di elettrificare massicciamente», ha scritto la presidente della Commissione europea in una lettera indirizzata ai leader Ue, alla vigilia del Consiglio europeo di giovedì. La politica tedesca ha rivolto quindi un appello ai governi affinché agiscano nel breve termine. Un invito già raccolto da Pichetto Fratin, che di recente ha confermato la volontà del governo di «attuare interventi strutturali, volti a promuovere misure tendenti a forme di disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica dal prezzo del gas». Anche in questo caso, però, si tratta di semplici annunci. E finché non si sbloccherà l’impasse a livello europeo, difficilmente si arriverà davvero a una svolta.

Foto copertina: ANSA/Massimo Percossi | Una manifestazione contro il caro bollette a Roma nel 2022