Sigfrido Ranucci al Parlamento europeo dopo l’attentato: «Querele al posto delle pallottole, tra di voi siede un maestro…»


«Le bombe non so a cosa fossero finalizzate, questa è la cosa che mi preoccupa di più. Ho paura, ma è un sentimento necessario che ti salva e che salva le persone più care». Così Sigfrido Ranucci, di fronte al Parlamento europeo, ha riavvolto il nastro sull’attentato di cui è stato vittima pochi giorni fa. «Pensate che sono riusciti a prendermi la macchina senza assicurazione per incendi e atti vandalici», ha anche scherzato. Il giornalista e conduttore Rai, in collegamento con l’assemblea di Strasburgo in occasione della giornata del premio Daphne Caruana Galizia per il giornalismo investigativo, ha parlato delle minacce subite nel corso degli ultimi anni: «L’attentato è arrivato dopo tre o quattro anni di azioni contro di me, molte non le ho mai rese pubbliche per evitare l’effetto “al lupo al lupo”». Ma la trama di fondo Ranucci dice di averla chiara: «Il potere, o chi lo gestisce anche nell’ambito della criminalità organizzata, non digerisce lo sguardo dell’informazione. I boss temono più un’inchiesta di Report che un’indagine della magistratura, perché l’informazione può accendere subito un faro e fargli saltare gli affari».
Ranucci: «Italia Paese malato, alcuni giornali si augurano la mia morte»
«La cause e le liti temerarie hanno preso il posto delle pallottole», ha cominciato il giornalista Rai parlando delle cosiddette “Slapp”, procedimenti legali strategici intentati per intimidire e mettere a tacere i giornalisti. «In Italia abbiamo un problema di memoria e di patologia, siamo un Paese malato che convince con la sua malattia come se fosse la normalità. Voi avete in Europa un politico, eletto, che mi ha minacciato e mi ha fatto pedinare per bloccare un’inchiesta del mio programma», ha ricordato parlando di Flavio Tosi, oggi eurodeputato di Forza Italia ma a lungo sindaco di Verona per la Lega. «Io ho affrontato, a causa sua, 19 procedimenti giudiziari che ovviamente sono stati archiviati». Dal deputato ed editore Angelucci, che «presta le pagine dei suoi giornali per deligittimarmi», ai giornali che si sono «rammaricati» che fosse tornato vivo dallo tsunami a Sumatra nel 2004. «Ormai le notizie che vengono messe in luce sul web non sono quelle più vere, ma quelle con più click. L’Europa deve dotarsi di strumenti più incisivi per far rispettare i valori all’interno dei singoli Paesi».
Saviano su Ranucci: «Oggi solidarietà, tra un mese lo riporteranno in tribunale»
«Dopo diciassette anni è arrivata la sentenza, non definitiva, contro il boss che ha minacciato la mia vita. Per questo chi ha messo la bomba sotto la macchina di Sigfrido Ranucci sa che pagherà, se va bene, tra 15 anni. È come un bambino che a sette anni rompe un vaso preziosissimo e la mamma gli tira uno schiaffo a 25 anni», Roberto Saviano – anche lui ospite in collegamento – ha tracciato un parallelismo tra le due vicende. «A fianco delle intimidazioni c’è il tema delle “Slapp”, le querele temerarie: sono ciò che toglie ossigeno alla libera inchiesta. I politici non chiedono rettifiche, ma risarcimenti. E ora mancano soldi, perché a chi finisce nel mirino viene meno la serenità economica e fisica, anche con delegittimazione civile e morale». Tornando a parlare di Ranucci, ha puntualizzato: «Nella storia del giornalismo recente, fare un attentato significava rafforzare il giornalista e dargli centralità. Oggi puoi essere attaccato, ricevere la solidarietà di tutti, ma tra un mese puoi essere portato di nuovo in tribunale e messo da parte sul piano professionale se qualcosa non funziona rispetto ai potenti e ai governi».
Saviano e la politica: «Attaccano la persona. Su Meloni e Salvini rivendico tutto»
«La politica bersaglia il singolo individuo, non attaccando i temi sostenuti ma la persona», ha continuato. «Tutti si sentono in diritto di poter attaccare quella persona, perché oggi chi si espone è responsabile del massacro personale che subisce». Una situazione che è ben lontana dai valori del sistema democratico: «In democrazia, chiunque può criticare senza vedere la propria vita personale compromessa. In un regime qualsiasi opinione comporta un riflesso istantaneo sulla propria vita personale». Sulle sue vicende personali, come i procedimenti a suo carico portati avanti dalla premier Giorgia Meloni e dal vicepremier Matteo Salvini, lo scrittore ha ribadito: «Le mie erano opinioni radicali, almeno nella sintassi, che rivendico». Per chiudere, si è rivolto al Parlamento europeo: «Non lasciate solo chi racconta, non spegnete la luce e fate pressione perché il governo italiano approvi al più presto la legge contro le “Slapp”».
L’intervento di Pina Picierno: «Libertà di stampa non è mai conquistata del tutto»
A tenere a battesimo il seminario, che ha poi aperto una finestra anche sul dramma dei reporter a Gaza, è stata la vicepresidente dell’Europarlamento Pina Picierno: «Rendiamo omaggio a Daphne, una donna che ha pagato con la vita il suo coraggio, la sua sete di verità e la sua incrollabile fiducia nella libertà di informare», ha detto ricordando la figura della giornalista maltese uccisa in un attentato dinamitardo a causa delle sue inchieste sulla corruzione dilagante nel governo locale. «Il suo sacrificio è un monito vivo, perché in Europa la libertà di stampa è un campo di battaglia quotidiano, non è mai conquistata una volta per tutte». Per questo è necessario, secondo Picierno, prendere una posizione concreta: «La voce dell’Europa ci ricorda che non accetteremo mai che la paura metta a tacere nessuno. Roberto Saviano e Sigfrido Ranucci, siamo con voi».