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«Stop imminente alla produzione di auto» in Europa. L’allarme dell’industria dopo la stretta sui chip dalla Cina: cosa sta succedendo

29 Ottobre 2025 - 13:25 Gianluca Brambilla
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L'associazione di settore Acea: «Diverse case pronte a fermare le linee di produzione, urge una soluzione diplomatica»

La carenza di microchip rischia di paralizzare l’industria automobilistica europea già a partire dai prossimi giorni. A suonare l’allarme è l’Acea, l’associazione europea dei costruttori di automobili, che in una nota si dice «sempre più preoccupata» di uno stop imminente delle fabbriche. «La situazione diventa ogni giorno più critica per l’industria automobilistica globale. La conseguente carenza di forniture del tipo di chip semplici utilizzati nelle centraline dei sistemi elettrici dei veicoli sta colpendo duramente le case automobilistiche di tutto il mondo», si legge nella nota diffusa dall’Acea.

Lo stop ai chip e la vicenda Nexperia

La scintilla che ha portato a questa situazione è partita dai Paesi Bassi, dove il 13 ottobre il governo ha assunto il controllo di Nexperia, un’azienda cinese di chip con sede a Nimega. Una mossa giustificata con la volontà di «tutelare la sicurezza nazionale», ma che ha innescato una dura reazione da parte di Pechino, che ha reagito fermando le esportazioni verso l’Europa di chip, indispensabili per le centraline elettriche delle automobili (elettriche e non). Nei giorni scorsi, il braccio di ferro politico aveva spinto alcune case automobilistiche a paventare il rischio di uno stop della produzione. Ora quello scenario sembra destinato a tramutarsi in realtà, con la stessa Acea che si è sentita chiamata in causa e ha suonato l’allarme a nome di tutti i produttori.

Il grido d’allarme dell’Acea

«Al momento, l’industria sta attingendo alle scorte di riserva, ma le forniture si stanno rapidamente esaurendo. Da un sondaggio condotto questa settimana tra i nostri membri, alcuni prevedono già un imminente arresto delle linee di assemblaggio», avverte l’Acea. Le stesse aziende riconoscono che «esistono molti fornitori alternativi» alla Cina, ma precisano che «ci vorranno molti mesi per creare la capacità aggiuntiva necessaria a far fronte alla carenza di offerta». E in attesa che questo avvenga, «l’industria automobilistica non ha molto tempo prima che si facciano sentire gli effetti peggiori di questa carenza». L’appello è rivolto soprattutto alla Commissione europea, affinché intensifichi gli sforzi diplomatici per convincere la Cina a sbloccare l’export di chip verso il Vecchio Continente e dare respiro al settore.

La sfida per il settore dell’auto

Se Pechino decidesse di prolungare le restrizioni, a farne le spese potrebbe essere l’intero comparto automotive europeo, già sfiancato dai dazi americani, dalle ambiziose normative europee per la transizione all’elettrico e dalla concorrenza dei veicoli cinesi a basso costo. «Questa crisi dei chip mostra quanto fragile sia il nostro mondo. A differenza della scorsa, non riguarda componenti complessi, ma chip semplicissimi, usati in tutti i settori e soprattutto nelle automobili», diceva solo pochi giorni fa Oliver Blume, amministratore delegato di Volkswagen. La soluzione, almeno sul lungo termine, resta quella di incentivare la produzione di chip in Europa, come previsto anche dal «Chips Act» approvato nel 2023. Ad oggi, però, di impianti produttivi ce ne sono ben pochi. E le imprese europee, così come accade anche per molte materie prime, restano dipendenti da Pechino.

Foto copertina: EPA/Martin Divisek | La fabbrica Skoda di Mlada Boleslav, in Repubblica Ceca

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