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Pandorogate, Chiara Ferragni offre 5mila euro ma l’associazione non si ritira dal processo: «Cifra irrisoria»

30 Ottobre 2025 - 19:20 Ugo Milano
chiara ferragni pandorogate
chiara ferragni pandorogate
La Casa del consumatore ha respinto l’offerta dell’influencer di ritirare la costituzione come parte civile, sottolineando l’assenza di «segni di reale pentimento»

Dopo i 500 euro a una 76enne di Avellino, Chiara Ferragni fa per 10 e ne offre 5mila all’associazione Casa del consumatore. In cambio la richiesta è sempre la stessa: rinunciare a costituirsi parte civile nel processo dove l’influencer è imputata di truffa aggravata, per la vicenda del cosiddetto pandorogate. Come riporta Il Giorno, la risposta dell’associazione è stato un secco no, accompagnato da un comunicato: «Abbiamo proposto a Chiara Ferragni di rinunciare alla nostra richiesta danni e costituzione di parte civile, a fronte non di denaro, ma di uno o due reel social per dimostrare il suo ravvedimento e impegno nel far conoscere un’app dedicata ai consumatori».

L’offerta dell’imprenditrice

Per evitare di dover pagare somme molto più alte in caso di condanna, l’influencer ha provato a chiudere le controversie con le parti civili in sede extragiudiziale. Ma i 5mila euro sono sembrati più una beffa che un reale accordo, secondo l’associazione che si occupa di tutela dei consumatori. «Abbiamo ricevuto un’irrisoria offerta di pagamento di soli cinquemila euro, con imposizione pure della rinuncia a contestazioni ad ogni altra sua campagna commerciale e di presunta beneficenza, che esulano totalmente dal processo», ha fatto sapere il presidente dell’organizzazione Giovanni Ferrari.

L’associazione: «Somma irrisoria»

A fronte della proposta economica l’associazione ha deciso di andare avanti con l’iniziativa legale e non cancellare la sua costituzione come parte civile: «Non accettiamo questa somma, sia perché irrisoria rispetto ai profitti di ben 2,7 milioni di euro che la signora Ferragni risulta abbia tratto dalle operazioni oggetto di giudizio, sia perché non consentirebbe alcuna efficace azione riparatoria alle sue condotte, realizzatesi proprio sui social», conclude Ferrari.

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