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Selvaggia Lucarelli: «Vagnoli e le altre indagate volevano distruggermi, su di me un call out finito male. Quelle chat rivelano chi sono davvero»

02 Novembre 2025 - 11:49 Alba Romano
carlotta vagnoli selvaggia lucarelli
carlotta vagnoli selvaggia lucarelli
La firma del Fatto Quotidiano difende la pubblicazione del suo pezzo: «L’interesse giornalistico sta nel denunciare la totale incoerenza fra l’immagine pubblica e la negazione di quell’immagine appena si chiude il sipario»

«Vorrei ricordare che esiste un interesse giornalistico per la pubblicazione di quel materiale. E l’interesse sta nel denunciare la totale incoerenza fra l’immagine pubblica che queste persone hanno costruito di loro stesse, e la negazione di quell’immagine appena si chiude il sipario pubblico». Queste le parole di Selvaggia Lucarelli al Corriere della Sera, in merito al polverone sollevato dalle chat pubblicate sul Fatto Quotidiano del trio, indagato per atti persecutori nei confronti del giornalista A.S. e l’esperta social Serena Mazzini.

«Il call out su di me, finito male»

«Quando c’è da confrontarsi con un pensiero critico la loro risposta è la macchina del fango. Proprio la Vagnoli, per fare un esempio: è sempre andata fiera delle possibili conseguenze delle sue lotte. Sosteneva che le cose vanno dette, accada quel che accada a livello legale. E poi scopro che cercava di creare un account all’estero per organizzare call out in forma anonima», spiega Lucarelli. «Io so che dopo il call out contro Serena Mazzini ne è partito uno contro di me – spiega – con un’altra femminista loro amica. Mi accusavano di bullismo e non so che altro. Hanno provato a coinvolgere anche vari nomi del giornalismo, ma si è spento tutto in fretta perché non c’era materia per reggere nessuna accusa».

«Mi sono solo limitata a esprimere sui miei social dei pensieri critici su alcune loro posizione radicali»

Lucarelli spiega che le indagate lei non le conosceva. «Nessun rapporto personale, nemmeno una stretta di mano. Con Vagnoli solo un paio di messaggi in privato, cordiali tra l’altro. Mi sono solo limitata a esprimere sui miei social dei pensieri critici su alcune loro posizione radicali, direi talebane; per esempio perché le vedevo colpevoliste in situazioni che secondo me meritavano prudenza e garantismo. E loro se la sono presa».

«Nulla ha a che fare con il femminismo: si chiama invidia»

Nel lungo colloquio con il Corriere Lucarelli spiega cosa l’ha colpita in questa vicenda. «Per esempio che utilizzassero i codici della peggiore destra e che fossero ossessionate dal farmi continuamente i conti in tasca. Si scrivevano: ecco, in una settimana ha guadagnato 48 mila euro di royalty, ha preso questo o quello di anticipo… Adesso dicono che uso il potere economico per danneggiarle. Ma quale potere economico? Tra l’altro anche questo è un pensiero antifemminista: il mio potere economico, di donna emancipata, nasce dal mio lavoro. Che poi: alla fine tutta questa attenzione ai soldi è l’espressione di un sentimento semplice che nulla ha a che fare con il femminismo: si chiama invidia. E poi mi sono ritrovata a leggere passaggi che definirei piuttosto inquietanti. Come la storia di una di loro che a un certo punto cerca il fidanzato che non si fa trovare. Sparito. Il gruppo si mobilita come fosse la polizia morale. Vagnoli voleva cercare attraverso i social la madre di questo ragazzo per dirle cosa aveva fatto il figlio…»

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