«Avanti Marx». «Un minuto di silenzio per New York». La rabbia MAGA per la vittoria di Mamdani: «Ora Trump deve cambiare rotta»

È una brutta botta quella che si trova a incassare oggi Donald Trump, ed il partito repubblicano da lui ormai egemonizzato. Ad appena un anno dalla vittoria (schiacciante) alle presidenziali, dall’Election Day svoltosi ieri arrivano segnali politicamente preoccupanti. Certo al voto sono andati solo alcuni territori del Paese, e per eleggere amministratori locali. Ma i risultati sono chiari: un’onda blu Democratica che si espande anche oltre città e Stati tradizionalmente progressisti, per esempio alla Virginia, strappata con Abigail Spanberger ai Repubblicani. Il boccone più indigesto però è senza dubbio quello che viene da New York. Perché Zohran Mamdani, 34 anni, musulmano e socialista, ha stravinto, e a furor di popolo (oltre 1 milione di voti) nella città dello stesso Trump, nella metropoli che ospita Wall Street ed è il simbolo stesso del capitalismo americano. Senza contare che negli ultimi giorni di campagna elettorale era entrato a gamba tesa il presidente Usa in persona: «Votate Cuomo, meglio il cattivo Democratico del comunista», aveva detto alla fine apertamente agli elettori (suoi, e non solo) dopo aver minacciato a più riprese di tagliare i fondi a New York e mandare i soldati della Guardia Nazionale se avesse vinto Mamdani. Qualcuno l’ha ascoltato, visto l’evidente ingrossamento dei voti per Andrew Cuomo dal bacino Repubblicano presidiato da Curtis Silwa (41,6% contro 7,1% rispettivamente, a spoglio quasi ultimato). Ma non è bastato, neanche lontanamente. Ora il mondo MAGA fuma di rabbia, e cerca con ansia risposte e soluzioni per scongiurare una sconfitta alle elezioni di mid-term del prossimo anno, e sullo sfondo alle presidenziali 2028 nelle quali Trump – a meno di colpi di testa costituzionali – non potrà ricandidarsi.

La rabbia dei conservatori: «Addio New York»
Trump per ora abbozza. Negli scarni Truth della notte di Mamdani, si limita a sottolineare come sulla scheda elettorale non ci fosse certo lui, e incombesse se mai l’ansia da shutdown (il bilancio federale bloccato dalla faida tra partiti al Congresso). «E ora comincia…», è il suo ultimo, un po’ criptico messaggio. A dare aperto sfogo a rabbia e amarezza è invece la pancia del mondo conservatore, newyorchese e non solo. «La mela rossa», titola a tutta pagina questa mattina il New York Post, dipingendo Mamdani come un socialista pronto a governare la città dal prossimo 1° gennaio con le dottrine di Karl Marx: falce e martello, insomma. Il quotidiano conservatore dà voce così allo sconcerto di una fetta della popolazione della città – nella comunità ebraica e in quella del business è già partito da settimane il tam-tam su un trasferimento più o meno di massa, magari verso Miami. Scenari evocati nelle prime reazioni anche da altri dirigenti Repubblicani. «Un minuto di silenzio per New York», twitta provocatorio il governatore del Texas Greg Abbott. «Complimenti New York. Avete appena eletto uno che disprezza l’America e tutto ciò per cui è nata», gli fa eco il deputato dell’Arizona Andy Biggs. Chi ci va giù più pesante di tutti però è il suo collega della Florida (appunto) Randy Fine, già distintosi nelle scorse settimane per aver proposto di togliere la cittadinanza Usa a Mamdani e rispedirlo da dove viene, in Uganda. «Gli immigrati che odiano l’America hanno eletto un comunista musulmano jihadista. New York è caduta. L’America è la prossima se non fermiamo questo».
November 5, 2025
La ricetta anti-woke di Vivek Ramaswamy
Reazioni di pancia a parte, Trump e i suoi sanno però che per evitare che «l’America sia la prossima» – ossia di perdere le elezioni nazionali del prossimo anno e soprattutto del 2028 devono capire cos’è andato storto nel voto di ieri, e raddrizzare la rotta. E nella cerchia ai vertici del mondo MAGA c’è già chi prova ad indicare le correzioni necessarie. Anche per Trump. «Ci hanno rotto il c**o in New Jersey, Virginia e New York», nota senza troppi giri di parole Vivek Ramaswamy, già candidato all primarie dei Repubblicani per la Casa Bianca, poi cooptato da Trump alla guida del Doge con Elon Musk. «Ci sono due lezioni chiave per i Repubblicani, ascoltate bene», spiega quindi Ramaswamy in un video postato sui suoi social. Primo, «la nostra parte deve concentrarsi sull’affordability», concetto chiave della campagna di Mamdani contro il carovita imperante a New York. Tradotto: «Rendere il sogno americano accessibile, ridurre i costi: dell’elettricità, della spesa, della salute, della casa. E spiegare come intendiamo farlo». Secondo, smetterla di occuparsi di questioni identitarie (identity politics): «Non è roba per noi, non funziona per i Repubblicani, quello è il gioco della sinistra woke. A noi non interessa il colore della tua pelle o la tua religione, c’interessa la sostanza: questo è quello che siamo». Gli strateghi di Trump – e dei suoi potenziali successori – iniziano a prendere nota.
November 5, 2025
