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«Io, torturato da Almasri. Chiederò un risarcimento al governo italiano»

06 Novembre 2025 - 05:04 Alessandro D’Amato
NAJEM OSAMA ALMASRI TORTURE DAVID YAMBIO RISARCIMENTO GOVERNO ITALIA
NAJEM OSAMA ALMASRI TORTURE DAVID YAMBIO RISARCIMENTO GOVERNO ITALIA
David Yambio è stato nelle carceri libiche, dove è stato venduto come schiavo e picchiato con i tubi. Ora vuole giustizia. Anche dall'Italia

«Sono stato torturato da lui e dai suoi uomini. Mi ha preso a calci, mi ha chiamato schiavo e mi ha picchiato con i tubi. Ha anche sparato a delle persone davanti a me sia a Jadida che a Mitiga». A parlare così di Najem Osama Almasri è David Yambio, che lo ha conosciuto. Da vittima. Ieri 5 novembre Almasri è stato arrestato in Libia. Accusato dalla procura di Tripoli proprio di aver torturato e ucciso. Dopo che il governo italiano lo ha fatto tornare nel suo paese con un volo della presidenza del Consiglio dei ministri nonostante fosse ricercato dalla Corte Penale Internazionale. E oggi Yambio dice che per questo vuole chiedere un risarcimento all’esecutivo.

Najem Osama Almasri e David Yambio

Yambio parla in un’intervista con Repubblica. L’arresto di ieri, spiega, «da una parte è una grande vittoria. È anche grazie e al lavoro instancabile, agli sforzi, ai sacrifici e alla perseveranza nel denunciare e informare anche di Refugees in Libya e dei suoi membri, vittime dei suoi crimini, che Almasri è diventato ingombrante. Dall’altra, fa ancora più rabbia quello che è successo in Italia». Dove «Almasri è stato arrestato e poi liberato e riportato a casa. Meloni e i suoi ministri, invece di proteggere e rispettare le istituzioni per cui sono stati eletti, hanno scelto di inchinarsi alle milizie che li ricattano. E hanno deciso che le ragioni di “opportunità politica” pesano più del contrasto ai crimini contro l’umanità».

Il risarcimento

Per questo lui e la Ong chiederanno un risarcimento: «Naturalmente. Abbiamo sofferto molto, mentalmente e fisicamente, quando è stato rilasciato. In quanti posti ho dovuto nascondermi in tutta Italia, perché da quando è stato liberato e ho iniziato a parlare pubblicamente, la mia vita e la mia sicurezza non sono più state le stesse». Anche se è difficile che l’uomo accusato di omicidio e tortura finisca davvero sotto processo alla Cpi: «I nostri contatti libici sono scettici riguardo a un possibile trasferimento».

L’estradizione

Yambio è un rifugiato sud-sudanese in Italia oltre che presidente dell’Ong Refugees in Libya. Al Manifesto racconta di essere stato «personalmente torturato» nel 2019 quando, riportato a terra mentre tentava la traversata in mare, è finito rinchiuso nel carcere di Al-Jadida, Zuara e Sabrata. Poi è scappato, è stato arrestato di nuovo è finito a Mitiga ed è stato venduto come schiavo.

Ora spiega perché secondo lui Tripoli si è mossa: «Le istituzioni libiche oggi capiscono chiaramente che se non combattono impunità e non applicano le leggi sulle milizie e contro chi commette crimini contro l’umanità, saranno isolate, e nessun paese vuole questo. Inoltre sanno che le persone ormai non sono più disposte a tacere: migranti, rifugiati e cittadini libici faranno ogni sforzo per denunciare e documentare le violazioni subite, anche coloro che risiedono in Libia e rischiano la vita. Questo anche grazie a Refugees in Libya e tante altre organizzazioni della società civile e organismi internazionali, che hanno dato loro voce e portato documentazione alla Corte penale internazionale».

Ricercato internazionale

Il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury spiega che «è improbabile che l’arresto di Almasri dipenda dal fatto che sia un ricercato internazionale. Tuttavia, ai sensi della risoluzione 1970 del Consiglio di sicurezza Onu del 2011, la Libia sarebbe tenuta a consegnare Almasri alla Corte penale internazionale. Il paese non è parte della Cpi, ma la questione delle violazioni commesse in Libia è stata deferita al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Che a sua volta ha incaricato la Corte dell’Aja di aprire l’inchiesta».

«Ciò fa sì che la Libia, come membro dell’Onu, sia tenuta a rispettare quel mandato. Così come lo era l’Italia, che è tra l’altro anche parte dello Statuto della Corte. È chiaro che se il nostro Paese lo avesse fatto, sarebbe stato meglio e ora Almasri starebbe affrontando il processo in un tribunale internazionale. In fondo, paesi come la Germania lo hanno fatto: a luglio le autorità tedesche hanno arrestato e consegnato alla Cpi Khaled Mohamed Ali El Hishri. Ricercato per aver ordinato e commesso direttamente torture e omicidio extragiudiziali nel carcere di Mitiga».

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