Ultime notizie Donald TrumpFranciaUcrainaZohran Mamdani
ECONOMIA & LAVOROBankitaliaGoverno MeloniIrpefIstatLavoro e impresaLegge di bilancioTasse

Perché il taglio dell’Irpef del governo Meloni premia i ricchi

07 Novembre 2025 - 05:09 Alessandro D’Amato
taglio dell'irpef governo 2026
taglio dell'irpef governo 2026
I numeri di Bankitalia, Istat e Upb smentiscono il governo. Ai manager arriveranno 408 euro in più all'anno e agli operai 23. E anche il nuovo Isee penalizza giovani e stranieri

È vero che il nuovo taglio dell’Irpef del governo Meloni premia i più ricchi. Mentre il nuovo Isee penalizza le famiglie più giovani e quelle straniere. E la differenza si vede negli effetti dell’intervento sulle imposte. Dove ai manager arriveranno 408 euro in più all’anno e agli operai 23. Ma c’è di più. Perché è vero che i tagli di questi anni hanno avuto l’effetto di «più che compensare, nel complesso, l’effetto negativo esercitato sui redditi delle famiglie dal drenaggio fiscale». Ma non per tutti. Solo i lavoratori dipendenti con redditi fino a 32 mila euro hanno recuperato interamente il fiscal drag degli ultimi anni. E con la riforma dell’Irpef, grazie ad aliquote ridotte e bonus, ci hanno guadagnato. Chi sta tra 32 e 45 mila euro, invece, ha perso.

Il taglio dell’Irpef del governo Meloni

Hanno ragione quindi Bankitalia e Istat. Nella redistribuzione vengono favoriti i redditi medio alti, i proprietari di case e le famiglie molto numerosi. I numeri li fa l’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Che spiega come la metà dei 2,7 miliardi per il taglio della seconda aliquota Irpef dal 35 al 33% «va all’8% dei contribuenti con redditi sopra 48 mila euro», quindi oltre lo scaglione di intervento (28-50mila euro). Operai e pensionati portano a casa rispettivamente 23 e 55 euro l’anno. I dirigenti ne guadagnano 408. Gli impiegati sono a quota 123 e gli autonomi a 124. Il taglio delle detrazioni poi colpisce soltanto 58 mila contribuenti. Per questo l’Istat dice che «oltre l’85% delle risorse sono destinate alle famiglie dei quinti più ricchi, con guadagno medio annuo da 102 a 411 euro».

La revisione dell’Isee

E soprattutto: «Per tutte le classi di reddito, la variazione è inferiore all’1% del reddito familiare». Mentre Bankitalia fa notare che «le misure non comportano variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito disponibile». Anche le misure sociali «si concentrano sui primi due quinti delle famiglie e sono anch’esse modeste». La revisione dell’Isee porterà la franchigia sulla prima casa a salire da 52.500 a 91.500 euro e la revisione della scala di equivalenza a favore delle famiglie con più di due figli. E penalizza chi vive in affitto. Anche se la povertà assoluta vale il 22% tra gli inquilini e neanche il 5% tra chi possiede una casa.

Il fiscal drag

Infine, il fiscal drag. Ovvero le maggiori tasse pagate per effetto dell’inflazione. Secondo Upb è stato più che compensato solo fino a 32 mila euro di reddito da lavoro dipendente. E solo in parte tra 32 e 45 mila euro. Da lì in poi non ci sono compensazioni. Per pensionati e autonomi va ancora peggio: quasi nessuno ha recuperato. Va segnalato che del nuovo taglio delle tasse beneficiano tutti coloro che dichiarano più di 28 mila euro di reddito annuo. Compresi quelli che dichiarano somme molto superiori. In totale 13 milioni di contribuenti. Il nuovo modulo della riforma Irpef prevede una riduzione dell’aliquota dell’imposta che si applica sulla fascia di reddito compresa tra 28 e 50 mila euro, dal 35% al 33%. Lo sgravio si neutralizza a partire dai 200 mila euro.

Meloni e Panetta

E nelle more della polemica del governo con la realtà dei numeri La Stampa racconta che c’è maretta tra Giorgia Meloni e Fabio Panetta. Ovvero il governatore di Bankitalia nominato dal suo governo. Il presidente di Palazzo Koch in questi anni non ha fatto ammiccamenti o sconti alla politica economica dell’esecutivo. Meloni da parte sua non è mai andata all’attacco di Bankitalia come ha fatto con i giudici. Ma su Panetta qualcosa lo ha detto, in romanesco: «E meno male che dicevano che era uno dei nostri».

D’altro canto nelle sue Considerazioni finali il numero uno di via Nazionale ha detto chiaro e tondo che i salari degli italiani sono bassi. E che le misure non comportano «variazioni significative della disuguaglianza nella distribuzione del reddito» tra le famiglie. Poi c’è il ministro degli Affari Europei Tommaso Foti. Che all’epoca in cui era capogruppo, proprio su Panetta, disse: «Un ingrato di cui non ci dovevamo fidare». Maledetti numeri. Maledetta realtà.

leggi anche