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Moussa Sangare ritratta in aula: «Non ho ucciso io Sharon Verzeni»

10 Novembre 2025 - 13:46 Stefania Carboni
sharon verzeni omicidio moussa sangare malattia mentale raptus
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L'uomo accusato dell'omicidio di Terno d'Isola nega tutto. «Passavo di lì in bici, ho visto lei litigare con un uomo». Il padre della donna: «Non ha nessun rimorso, questo fa male»

Ritratta tutto Moussa Sangare, l’uomo di 31 anni in carcere con l’accusa di aver ucciso Sharon Verzeni a coltellate la notte tra il 29 e il 30 luglio del 2024 a Terno d’Isola. L’uomo ha parlato oggi in aula, in tribunale a Bergamo ma, a differenza della sua precedente confessione, ha negato ogni addebito: «Passavo di lì in bici – ha detto – e ho visto Sharon che litigava con un uomo. Ho capito che la vicenda sarebbe finita male e non volevo entrare in questa situazione, ho accelerato e sono andato via. Poi mi è presa la paranoia di aver visto qualcosa che non dovevo, così mi sono liberato dei vestiti e del coltello».

«Confessare? Me l’hanno detto i carabinieri»

«Me l’hanno detto i carabinieri» è stata invece la risposta al pm quando gli è stato fatto notare che aveva confessato il delitto. Sangare ha dichiarato di essere stato ripreso dalle telecamere mentre passava, ma che nessuna di queste lo ritrae mentre colpisce la vittima: «Secondo me è stato uno di Terno che sapeva come evitare le telecamere, ho confessato solo perché ero stressato e pensavo che così mi avrebbero rilasciato». E sulle tracce del Dna di Sharon misto al suo, trovato sulla bicicletta che aveva usato quella sera risponde: «Questa è l’unica cosa che non mi spiego». 

La confessione, la ritrattazione, le testimonianze che hanno incastrato Sangare

Sangare avrebbe colpito Sharon con numerose coltellate al termine di una lite. Non la conosceva e l’aveva semplicemente trovata per strada, mentre lei era intenta a fare jogging, per puro caso. In un primo momento, l’uomo aveva confessato l’omicidio ai carabinieri, salvo poi ritrattare, sostenendo di non essere stato lui. Quando confessò parlò di raptus, ma la perizia psichiatrica aveva rilevato come l’uomo fosse capace di intendere e volere. Sangare soffre di un disturbo di personalità narcisistico e antisociale, ma secondo la perita questi tratti non hanno compromesso la sua lucidità. A incastrare Sangare ci sono stati due elementi: il dna di Sharon trovato sulla bici di Sangare e due testimoni. Amin Ettayeb e Mohamed Ghannamy lo videro in bici quel giorno e in quella zona. Fu un risultato complesso e difficile perché il caso di Terno D’Isola è partito inizialmente come un giallo. La procura aveva incentrato i suoi approfondimenti sul vissuto di Sharon, incluso il legame con il suo compagno (poi risultato estraneo ai fatti). Poi fu raccolto il dna di tutte le persone residenti nell’area in cui fu accoltellata la donna. Infine una pista concreta emerse dall’analisi dei circuiti di video sorveglianza, “l’uomo in bici”, le cui indagini poi portarono all’arresto di Sangare. Sull’omicidio di Sharon Verzeni non c’è mai stato alcun movente da parte sua. La donna fu uccisa perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Il padre di Sharon: «Sangare poteva chiedere scusa, non l’ha fatto»

«Pur avendone avuta tutta la possibilità, non ha voluto chiedere scusa, ma ha preferito dire che non è lui il colpevole. Questo ci rammarica molto: noi vogliamo solo che si faccia veramente giustizia perché abbiamo constato che non ha nessun rimorso e questo ci fa molto male». Sono le parole di Bruno Verzeri, papà di Sharon. Il papà di Sharon, oggi in aula, è apparso molto provato per quanto accaduto in aula.

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