I turni di 17 ore senza stipendio né riposo, barista ridotta in schiavitù a Chieti: dormiva nella cucina del locale sorvegliata 24 ore su 24

Lavorava tra le 15 e le 17 ore al giorno, tutti i giorni e senza contratto. Il suo telefono, fornitogli dalla gestrice del bar dove era assunta, era abilitato a ricevere le chiamate e non a farle. La donna, descritta dagli inquirenti «in profondo stato di inferiorità psichica», non era nemmeno pagata: lo stipendio era pari a zero e le era persino impedito di uscire dal locale situato a Chieti, dato che trascorreva le poche ore di riposo che le erano concesse su un divano nella cucina del bar. Condizioni che hanno spinto la procura distrettuale dell’Aquila ad aprire un’inchiesta ipotizzando il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù.
Il regime di sfruttamento e l’inganno per non pagarla
Accusata di aver approfittato della debolezza, fisica e mentale, della donna è la 43enne titolare dell’attività. Sarebbe stata lei, secondo gli inquirenti, a ideare e mettere in atto un preciso metodo per tenere legata a sé la donna, sorvegliata 24 ore su 24 da una telecamera interna. La barista attaccava alle 7 di mattina e smontava ufficialmente il turno alle 22, spesso sforando fino alla mezzanotte e senza possibilità di riposo settimanale. Orari da lavori forzati che tra l’altro non portavano nemmeno un euro nelle tasche della donna. Con un semplice stratagemma, cioè inserendola nelle carte come amministratrice della ditta, la titolare riusciva a farla lavorare senza un contratto regolare e senza busta paga.
Le indagini sulla titolare e le trappole per la barista
La procura ha disposto un accertamento irripetibile sui tre telefoni cellulari intestati alla titolare del bar. Il perito dovrà quindi scavare nel materiale rinvenuto sui dispositivi alla ricerca di qualche traccia che evidenzi come l’indagata avesse ingannato e continuasse a ingannare la barista, tenendola bloccata in una situazione di totale sfruttamento. «Chi ha sfruttato non si è posto alcun limite morale. Ma colpisce, anche, che lo sfruttamento avvenisse sotto gli occhi dei clienti», ha commentato il segretario di Sinistra Italiana della provincia di Chieti, Michele Marino. Che poi ha sollevato un interrogativo: «E i frequentatori del bar? Chi ha creduto di poter agire in maniera così crudele ha respirato intorno a sé un clima di impunità».
