Figli di bancari, cresciuti in oratorio e fratelli di bocconiani: chi sono i ragazzi della Monza bene che hanno accoltellato un 22enne per 50 euro

A Triante, un quartiere periferico di Monza, è tutto palazzine e villette tranquille. Lì abitano agenti di commercio e immobiliari, contabili e insegnanti. Lì è nato e cresciuto Alessandro Chiani, il 18enne che lo scorso 12 ottobre con altri quattro amici ha aggredito a coltellate e reso invalido uno studente 22enne della Bocconi per una banconota da 50 euro, nella zona della movida di Corso Como. Quella stessa università, la Bocconi, che i suoi fratelli maggiori avevano frequentato. «Mi creda, siamo devastati. Abbiamo pregato tanto anche per quel ragazzo», sono le parole di Daniela, la mamma del giovane. «Non sapevo che girasse con il coltello».
Chi sono Alessandro Chiani e l’amico Ahmed Atia
È una parabola inspiegabile, almeno in apparenza, quella del 18enne che ha sferrato le due coltellate alla vittima. Ragazzo casa e chiesa, a frequentato l’oratorio fino alle scuole medie. Poi è cambiato, dicono che fosse «vivace». Lo scorso agosto, riporta Repubblica, era stato beccato dall’anti-taccheggio in un supermercato di Riccione, ma sembrava un furterello quasi innocente. Oltre a lui, è stato arrestato e portato in carcere con l’accusa di tentato omicidio e rapina aggravata l’altro maggiorenne Ahmed Atia. Cresciuto nel quartiere meno agiato di San Rocco, e figlio di una famiglia egiziana, lo scorso luglio era stato intercettato in centro a Monza mentre girava con un coltello in tasca. La sera dell’aggressione, è l’unico che non ha partecipato materialmente: si è limitato a fare da palo.
I tre minorenni della Monza bene
E poi c’erano gli altri tre, tutti 17enni. Quel 12 ottobre il gruppetto stava festeggiando il compleanno di uno di loro. C’è chi è figlio di un agente di commercio e che, al netto di un debito poi recuperato, a scuola va bene. E c’è chi è figlio di un bancario e gioca a calcio in una società monzese. Un altro, l’ultimo della compagnia di amici, è cresciuto a oratorio e Fortnite, anche se – raccontano al Corriere – è «un po’ un bullo». Sono loro, insieme ad Alessandro, a prendersi gioco della vittima nella sala d’attesa della Questura di Milano: «Lo vogliono vedere anche io il video, voglio vedere se ho picchiato forte».
