Mara Venier e quella volta che Renzo Arbore le cambiò la vita

Mara Venier ricorda di quella volta che Renzo Arbore le cambiò la vita: «Era il 1993, non sapevo se accettare o meno la conduzione di “Domenica In”. Eravamo in cucina, lui affettava le cipolle. Entrai struccata, in jeans e con i capelli raccolti con la pinza. Lui mi guardò e disse: “Ecco Mara, sii così, niente di più, niente di meno”. Capii. Potevo avere successo se fossi rimasta me stessa». In un’intervista con il Corriere della Sera racconta che «in fondo un po’ sono rimasta la ragazza di Venezia, cresciuta a Mestre, che nel ’68 venne a Roma per cantarle al marito».
Francesco Ferracini
Si chiamava Francesco Ferracini, «bello e sfuggente. Ci conoscemmo nel bar principale di Mestre, un amore fulminante. Rimasi incinta. Ci sposammo e lui se ne andò la sera stessa delle nozze». A quel punto «lasciò me e Elisabetta, nostra figlia, che sarebbe nata poco dopo. Andò a Roma. Aspettai a lungo, ma Mestre era diventata un inferno: per strada mi guardavano tutti, i miei genitori erano disperati. Sei mesi, un anno, poi salii su un treno. Alla stazione Termini mi venne a prendere in Rolls Royce. Con lui c’era Roberto Capucci, lo stilista». Il quale le disse «che potevo fare la modella per centomila lire al giorno. Seicentomila alla settimana, mai visti prima. Sono pur sempre figlia di un ferroviere». Ma non è rimasta a Roma per questo: «Fu il tramonto sul Pincio a farmi innamorare».
La carriera di attrice
Racconta come ha cominciato la carriera di attrice: «Prima venne il cinema: accompagnai Francesco a fare un provino per Diario di un italiano, il film tratto da un racconto di Vasco Pratolini. Andò a finire che presero me, nel ruolo di Vanda». Lei quindi nasce come attrice? «Macché, io nasco come “stracciarola di Campo de’ Fiori”. Feci venire a Roma mia madre per aiutarmi con la bambina. Con Ferracini finì, conobbi Pier Paolo Capponi. L’opposto di Francesco: attore, intellettuale, impegnato. Cominciai a frequentare la Roma di sinistra. Moravia, Morante, Maraini. Diventai così amica di Gabriella Ferri. Aprii un negozio di vestiti usati». A Campo de’ Fiori. «Vicino alla libreria “Il tempo ritrovato”, dove si radunavano gli intellettuali. Così chiamai il negozio “Il tempo perso”. Gabriella era come una sorella, lei cresceva Paolo, il mio secondo figlio, e io crescevo il suo, Seva».
Renzo Arbore, Jerry Calà
Poi parla di Renzo Arbore e Jerry Calà: «Con Jerry si rideva tanto. Era ironico e infedele. Se ne andava e tornava. Mi tradiva e poi si ripresentava come se niente fosse. Io ero per lui una mamma che lo perdonava sempre». Era geloso di Renzo Arbore: «Sì, ma con Renzo c’era stata una storiella, anni prima. Jerry diventava matto quando sentiva nominare Arbore. Per farlo ingelosire facevo telefonare a casa nostra da un amico che sapeva imitare la voce di Renzo. Calà andava a rispondere e lo vedevo diventare verde». Anche Arbore era geloso: «Sì. Quando ci mettemmo insieme ruppi tutti i ponti con il passato e per anni non ho sentito nessuno dei miei ex. Poi, però, arrivò Luca Giurato. E la mia vita cambiò».
