L’inchiesta per corruzione in Ucraina fa tremare “la famiglia” di Zelensky

Donald Trump non ha una deadline per le trattative di pace tra Ucraina e Russia. «Non ho una scadenza», ha detto parlando ai giornalisti. Intanto oggi il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà ricevuto dal suo omologo francese Emmanuel Macron. Sarà la decima visita del leader di Kiev in Francia dal febbraio 2022. Ma la caduta di Andrij Yermak fa ancora discutere. Storico braccio destro del presidente, il «secondo uomo più potente dell’Ucraina» è stato travolto dall’inchiesta sulla corruzione che ha terremotato il governo di Kiev. Trema il “cerchio magico” del presidente, mentre il generale Valery Zaluzhny, possibile candidato alle prossime elezioni, parla di un «cambiamento in arrivo» in Ucraina.
L’inchiesta per corruzione
Le intercettazioni dell’inchiesta per corruzione intanto puntano sul denaro cash. «E come hai trasportato la scatola?». «Aveva una maniglia, tipo una custodia per il laptop. Ci ho messo dentro un milione di dollari… Anzi, fammi controllare meglio: no, un milione e 600 mila dollari… Trasportare una scatola di soldi in quel modo, a mano, per le strade di Kiev…! Non è stato molto divertente, amico mio, te l’assicuro», è uno dei colloqui registrati riportati oggi dal Corriere della Sera. A parlare sono il grande corruttore Timur Mindich al telefono con il ministro dell’Energia, Herman Halushchenko. Ridono. E nominano anche Zelensky. L’ispettore dell’agenzia anticorruzione ucraina Olena Shcherban esulta: «Stavolta ci siamo! Abbiamo raggiunto la cerchia più ristretta, la “famiglia” del presidente».
La famiglia del presidente
La Naba ha scoperto un «sistema criminale» (parole dell’agenzia) che esigeva dal 10 al 15% su tutti i contratti dell’azienda statale per l’energia nucleare, Energoatom. Un furto tra i 75 e i 100 milioni di euro. «Quella non è gente che si sporca le mani coi soldi. Ti trovavi a pagare la mediazione d’una società di consulenza. O i più raffinati, magari, avevano loro uomini che ti facevano arrivare un controllo sulle tasse. La sanzione era regolarmente più alta dei minimi edittali. E comunque c’era sempre il modo d’aggirarla», dice un imprenditore ucraino al quotidiano. Anche un intervento umanitario della Chiesa ucraina ha visto la scomparsa di un milione di euro, speso per quattro quinti in “spese di rappresentanza e comunicazione”.
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Le tariffe
Mindich e Yermak hanno sfruttato l’emergenza guerra e una maggioranza parlamentare (254 seggi su 450) che nemmeno il predecessore di Zelensky, Petro Poroshenko, ha avuto. A contrastare la premier Yulia Svyrdenko, grande nemica di Yermak, sostenuta dal segretario Usa al Tesoro Scott Bessent. O il generale Valery Zaluzhny, esiliato a Londra. Oppure Dmytro Kuleba, ministro degli Esteri. E ancora: Oleksandr Kubrakov, Mykhailo Fedorov, mentre nell’inchiesta su Yermak è coinvolto anche Rustem Umerov, il capo del Consiglio di sicurezza nazionale, l’ex ministro della Difesa, proprio l’uomo che Zelensky ha scelto al posto di Yermak per guidare la delegazione ucraina ai negoziati in Florida.
La colpa di Zelensky
Secondo un deputato della Rada «la colpa di Zelensky è stata di non aver ascoltato chi vedeva i furti e suonava le sirene». Il primo segnale è stato l’arresto a giugno (e il rilascio dopo una cauzione di quasi 3 milioni di dollari) del vicepremier Oleksy Chernishov. Hanno trovato i soldi in ufficio, in comode buste da consegnare alla moglie, perfino in una clinica medica dov’era in cura. Lo chiamavano «Che Guevara». Il suo motto era rivoluzionario: «Vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena vivere».
Valery Zaluzhny
E nel caos si fa sentire Valery Zalyzhny. Ex capo delle forze armate di Kiev, è a Londra come ambasciatore. Lui vede «un’opportunità di cambiamento politico, di profonde riforme, di piena ripresa, di crescita economica e di ritorno dei cittadini». In un intervento sul Daily Telegraph in cui non nomina mai Zelnesky spiega che la «situazione è estremamente difficile», e qualsiasi riforma ora sarebbe «impossibile senza efficaci garanzie di sicurezza», vedi l’adesione alla Nato, lo schieramento in Ucraina di truppe alleate o perfino il dispiego d’armi nucleari. Inutile illudersi di piantar bandiera a Mosca, o temere d’alzar bandiera bianca, perché oggi non se ne parla e «la guerra probabilmente continuerà, non solo in ambito militare, ma anche in quello politico ed economico».
La vittoria
«Quando parliamo di vittoria, dobbiamo dire onestamente questo: la vittoria è il crollo dell’impero russo e la sconfitta è la completa occupazione dell’Ucraina per il suo crollo. Tutto il resto è solo una continuazione della guerra», scrive il generale. L’obiettivo è vincere, «ma non possiamo rifiutare l’opzione d’una cessazione della guerra a lungo termine», per anni, anche se «questo è un modo fin troppo comune di porre fine alle guerre nella storia». L’ex comandante non vuole una «pace affrettata». S’aspetta persino «una prossima guerra». Magari con lui al comando supremo.
