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La «toga rossa» Silvia Albano ad Atreju: «Non mi aspettavo l’invito»

04 Dicembre 2025 - 08:16 Alessandro D’Amato
La presidente di Magistratura Democratica e il dibattito: non credo sia giusto rifiutare

«Non me l’aspettavo, ma capisco la logica legata a una certa rilevanza mediatica e a volersi mostrare disponibili al confronto anche con me che sono stata così aspramente criticata». La presidente di Magistratura Democratica Silvia Albano è stata invitata ad Atreju. Per la manifestazione di FdI parteciperà a un dibattito moderato dal direttore del Foglio Claudio Cerasa con il ministro Carlo Nordio, il professor Sabino Cassese, il senatore di FdI Alberto Balboni, l’ex pm Antonio Di Pietro, la responsabile giustizia del Pd Debora Serracchiani. «Certo, c’è un po’ di squilibrio a favore dei sostenitori della riforma della magistratura, ma fa parte del gioco», dice lei oggi al Corriere della Sera.

La destra e le toghe rosse

Albano dice che alla festa di FdI andrà a dire quello che pensa: «E non credo che fosse giusto rifiutare il confronto con il principale partito di governo, quello che esprime la presidente del Consiglio. Io sono sempre disponibile al dialogo con tutti, un metodo certamente preferibile agli attacchi personali».

Non crede però che sia un cambio di linea da parte della destra nei confronti delle toghe rosse: «Non lo so, non mi illudo. Però penso che valga la pena cogliere l’occasione per ribadire le buone ragioni contrarie alla riforma della magistratura anche di fronte a chi l’ha voluta. Il clima e i toni dello scontro non mi appartengono, forse cercheranno di mettermi un po’ all’angolo. Ma accetto il rischio. Anche perché credo che almeno una parte dell’elettorato di Fratelli d’Italia abbia a cuore l’indipendenza di una magistratura non intimidita. E in grado di applicare il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge».

Giudici politicizzati

Albano respinge l’accusa di essere una giudice politicizzata: «L’opposizione politica spetta ai partiti, i giudici si limitano ad applicare le leggi. E comunque anche per chi governa legittimamente esistono limiti invalicabili, tra i quali i diritti fondamentali delle persone che la politica deve rispettare, non calpestare».

Su quanto scritto riguardo i centri in Albania e le raccolte fondi spiega: «Mi ero limitata a intervenire in convegni scientifici con altri giuristi, prospettando problemi di compatibilità con il diritto dell’Unione europea, che poi si sono dimostrati tali; erano considerazioni in punto di diritto, come quelle espresse nelle audizioni che normalmente accompagnano l’iter di approvazione delle leggi. E se si fosse instaurato un dialogo su quelle criticità evidenziate si sarebbero forse risparmiati tanti soldi, e tante polemiche seguite a decisioni prevedibili. Poi ho aderito all’invito di un mio amico che su Facebook , per il suo compleanno, invitava a raccogliere fondi per una Ong, donando 10 euro. Non me ne vergogno affatto».

La riforma della giustizia

La riforma della giustizia non la convince «perché senza garanzie di effettività i principi scritti sulla carta restano tali, come avviene in Paesi dove non vengono rispettati, come ad esempio l’Egitto. Lo sdoppiamento e il forte indebolimento del Consiglio superiore della magistratura, che è lo strumento di garanzia dell’indipendenza di giudici e pm, mette a rischio quel principio. Credo e spero che su queste cose si possa dialogare anche ad Atreju».