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Migranti, il Consiglio Ue approva la riforma sui Paesi sicuri: quando gli Stati potranno respingere le richieste d’asilo

08 Dicembre 2025 - 12:35 Ygnazia Cigna
Approvato anche il fondo di solidarietà Ue. La riforma apre le porte anche agli hub in Albania, ma il testo definitivo dovrà passare per il Parlamento europeo

Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato una riforma delle regole sull’asilo che dà agli Stati membri nuovi strumenti per gestire i flussi migratori. In particolare, la modifica del regolamento sul concetto di «Paese terzo sicuro» consente respingere una richiesta di asilo senza entrare nel merito, dichiarandola quindi «irricevibile» già all’ingresso, se il richiedente avrebbe potuto ottenere asilo in un altro Paese considerato sicuro. Contro il provvedimento hanno votato Spagna, Grecia, Francia e Portogallo, ma la maggioranza qualificata è stata raggiunta. È uno dei punti più delicati della riforma, perché amplia i casi in cui una domanda può essere bloccata già in partenza.

Cosa cambia

Con le norme aggiornate, ora gli Stati potranno applicare il concetto di Paese terzo sicuro in tre casi. Quando esiste un legame tra il migrante e quel Paese (anche se questo non è più un requisito obbligatorio), quando la persona è transitata da lì prima di entrare nell’Ue oppure quando è in vigore un accordo tra uno Stato membro e il Paese terzo che garantisca l’esame della richiesta di asilo. Restano, però, esclusi da queste procedure i minori non accompagnati. Parallelamente, per chi arriva da un Paese di origine ritenuto sicuro saranno previste procedure accelerate, anche alle frontiere o nelle zone di transito, perché si parte dal presupposto che in quei Paesi non vi siano persecuzioni sistematiche o gravi violazioni dei diritti umani.

Bangladesh, Egitto, Kosovo: la nuova lista dei Paesi «sicuri»

Nella prima lista europea dei Paesi di origine sicuri, secondo il Consiglio, dovrebbero entrare Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. A questi si aggiungerebbero automaticamente anche i Paesi candidati all’adesione all’Unione europea, salvo casi eccezionali come conflitti armati interni o internazionali, gravi limitazioni delle libertà fondamentali o un tasso elevato di accoglimento delle domande di asilo, superiore al 20%. L’intesa raggiunta apre ora la fase decisiva dei negoziati con il Parlamento europeo, da cui dovrà uscire il testo definitivo della riforma.

Il fondo di solidarietà Ue per migranti

Nella stessa riunione, il Consiglio ha raggiunto anche un accordo politico sul Fondo di solidarietà previsto dal Patto su Migrazione e Asilo, pensato per bilanciare in modo più equo responsabilità e aiuti tra gli Stati membri nella gestione dei flussi migratori.

La riforma apre le porte agli hub in Albania

La riforma apre quindi la strada anche alla realizzazione dei cosiddetti «return hub», i centri per i rimpatri situati fuori dall’Ue. «Sugli hub per i rimpatri, non spetta a me pensare ai Paesi terzi. Si tratta di negoziati tra gli Stati membri e poi con i Paesi terzi. Sarebbe positivo, naturalmente, se più parti unissero le forze. Penso ai Paesi Bassi, che stanno discutendo con l’Uganda. La Germania ha già aderito ai colloqui. Così come l’Italia e l’Albania. Ma non spetta a me decidere; abbiamo ormai gettato la base giuridica, affinché sia possibile prendere in considerazione idee così nuove e innovative», ha dichiarato Magnus Brunner, commissario Ue per gli Affari interni e la Migrazione.

Soddisfatto il ministro per l’Immigrazione della Danimarca, Rasmus Stoklund, che ha affermato: «Ora disponiamo del quadro giuridico affinché gli Stati membri possano creare centri di accoglienza e altre soluzioni di questo tipo con i Paesi terzi, il che è estremamente importante per cambiare le carenze fondamentali dell’attuale sistema di asilo, il suo malfunzionamento, il fatto che aiutiamo le persone sbagliate e non aiutiamo le persone effettivamente bisognose, e possiamo controllare la migrazione verso l’Europa».

Via libera al piano per la difesa Ue

Via libera, infine, anche al Programma europeo per l’industria della difesa (Edip), un piano da 1,5 miliardi di euro tra il 2025 e il 2027 per rafforzare la capacità produttiva e la prontezza militare dell’Unione, di cui 300 milioni destinati al sostegno dell’Ucraina.

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