Il sogno del Partito Islamico in Italia: «Nel 2050 saremo il 10% della popolazione»

Un partito islamico in arrivo? Secondo il Giornale è quello che sta organizzando Ibrahim Youssef, divulgatore, dottore in Scienze Politiche e Filosofia, attivista dei Giovani Musulmani d’Italia e volontario dell’Islamic Relief Italia. Nel podcast «Strong Beliver», un «progetto di potenziamento personale e crescita spirituale» fondato da Abed Elbakki Rtaib si parte dall’elezione di Zohran Mamdani a sindaco di New York. Con un paragone che spiazza: «Pensate al caso dell’Italia: oggi abbiamo dei partiti di destra che, quasi un secolo fa, erano coloro che sterminavano gli ebrei e invece ora promuovono lo Stato d’Israele. Hanno fatto un cambio radicale, enorme»
Il Partito Islamico
Il ragionamento è prima di tutto numerico. Nel 2022 i musulmani erano il 4,6% della popolazione italiana; le proiezioni indicano un 9,6% nel 2050, secondo il Pew Research Center. Una cifra che, se trasformata in base elettorale, ridisegna equilibri che oggi sembrano granitici. «Partendo dall’ipotesi che questo 9,6% abbia cittadinanza italiana e possa votare, capite che la comunità musulmana avrà un impatto enorme dal punto di vista politico. Se votassero tutti, un partito come la Lega non si permetterebbe mai di andare contro la comunità islamica, perché altrimenti non potrebbe vincere». Il divulgatore su Facebook rilancia pure la battaglia di Muro27, il partito musulmano di Roma. Ma, avverte Youssef, uno scenario favorevole non è affatto automatico: richiede una coscienza politica collettiva che oggi ancora non esiste.
Come gli Lgbtq
«Vanno fatti dibattiti, va fatta sensibilizzazione sul se possiamo votare o meno. Bisogna rifletterci». E aggiunge: «Spero che nel 2050 ci siano personaggi molto meglio di Mamdani. Ma finché continueremo a snobbare la politica ma, come dice un mio amico, finché non siamo sul tavolo ma siamo sul menù, cosa ci aspettiamo che cambi?». E quindi: «Bisogna far sì che quando un musulmano entra in politica, noi lo appoggiamo. Che promuoviamo il massimo che dev’essere promosso. Il musulmano in politica non può promuovere tutto quello che un musulmano dovrebbe promuovere, però step by step…». E fa l’esempio degli Lgbtq, spiegando come sia stata «la cultura» a rendere oggi, in politica, proponibili battaglie che un tempo erano considerate irrealizzabili. «Anche loro sono stati discriminati – osserva – ma sono arrivati, con lungimiranza politica…» a raggiungere un obiettivo «di lungo termine».
