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Non vogliono in casa lo zio malato: lui lascia tre milioni di euro alla badante

10 Dicembre 2025 - 07:32 Alba Romano
lido frediani chimico eredità badante
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La storia del chimico Lido Frediani, della cugina, del nipote e dell'eredità

Il chimico Lido Frediani aveva chiesto alla cugina e al nipote di ospitarlo perché stava male. Loro gli avevano risposto di no. «Ti portiamo i pasti a casa» e «assumi una badante», gli avevano detto. Per questo, racconta il Corriere della Sera, ha assunto un’operatrice sociosanitaria di 56 anni. E l’ha anche nominata erede del proprio patrimonio, circa tre milioni di euro accumulati nel corso della lunga carriera. Un anno dopo, nel 2020, è partito un procedimento penale. La badante e il marito (un carabiniere di 53 anni) sono stati accusati di circonvenzione d’incapace. In primo grado la coppia è stata condannata a 4 anni e 4 mesi di reclusione. Ora la Corte d’appello di Torino ha ribaltato il verdetto.

«Il fatto non sussiste»

E con una formula inequivocabile: «Il fatto non sussiste». Secondo i giudici Frediani, affetto da un disturbo cognitivo lieve, era comunque incapace di intendere e di volere. E ha nominato erede la badante per «fare un dispetto ai parenti con cui aveva litigato». Nel 2019 aveva già 91 anni e viveva da solo. Aveva un carattere spigoloso e aggressivo. Ma era affezionato a un nipote al quale aveva lasciato intendere che gli avrebbe lasciato l’eredità. All’inizio dell’anno si frattura un femore. Poi ai problemi di deambulazione si aggiungono gli attacchi ischemici. A giugno Frediani rientra nella propria abitazione e chiede al nipote e alla cugina di essere ospitato. Loro lo respingono ma si offrono di portargli i pasti.

La 56enne

Ed entra in scena la badante. Dopo cinque giorni di lavoro il chimico le annuncia che sarà la sua erede. E dopo altri venti, firma il testamento dal notaio. Frediani morirà nel 2020 per «deperimento da anoressia» e la badante e il marito lo faranno cremare senza dire nulla alla famiglia. «Il chimico manifesta l’intento di nominare erede la badante cinque giorni dopo averla assunta. Non si ritiene che in un così ristretto limite di tempo l’imputata sia riuscita a carpirne la fiducia e indurlo a testare in suo favore scavalcando i parenti», spiega la sentenza. È più probabile che la donna e il marito non si siano resi conto «del decadimento cognitivo» dell’anziano, che ha scelto lei perché «aveva litigato con i parenti».

I parenti

Con loro non voleva più avere nulla a che fare. Tanto da far installare un videocitofono «per evitare che loro potessero entrare nella sua casa». E il ragazzo «si spacciava per suo nipote e si recava da lui solo per questioni economiche». Ecco quindi la motivazione dell’assoluzione per il reato di circonvenzione di incapace. Ma i giudici li hanno condannati rispettivamente a 10 mesi la donna e a 4 mesi il carabiniere per altri episodi. Tra questi il fatto che l’operatrice socio sanitaria si sarebbe finta in malattia per lasciare il posto di lavoro e assistere l’anziano.