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Gli Usa vogliono esaminare i social media dei turisti stranieri in ingresso, la stretta sui controlli: «Revisione fino a 5 anni della loro attività»

10 Dicembre 2025 - 12:12 Alba Romano
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La nuova proposta dello U.S. Customs and Border Protection prevede la raccolta di un’ampia quantità di dati personali, inclusa la revisione fino a cinque anni della loro attività sui social. Protestano le associazioni del settore turistico

I viaggiatori provenienti da Paesi come Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Corea della Sud e da tutte le altre nazioni aderenti al Visa Waiver Program potrebbero presto essere sottoposti a controlli molto più invasivi prima di entrare negli Stati Uniti. Una nuova proposta di U.S. Customs and Border Protection (C.B.P.), depositata nel Federal Register, prevede infatti la raccolta di un’ampia quantità di dati personali, inclusa la revisione fino a cinque anni della loro attività sui social media

Cosa prevede la proposta? 

Attualmente, chi viaggia nell’ambito del Visa Waiver può restare negli Stati Uniti fino a 90 giorni senza un visto, purché richieda online l’autorizzazione Esta, valida due anni e ottenibile fornendo informazioni di base e pagando una tariffa di 40 dollari. Con la nuova proposta, però, l’iter cambierebbe radicalmente, scrive il New York Times. Ai richiedenti potrebbe essere infatti chiesto di dichiarare tutti gli account social utilizzati negli ultimi cinque anni, gli indirizzi email dell’ultimo decennio e i dati anagrafici completi di familiari diretti, inclusi genitori, coniugi, fratelli e figli.

L’iniziativa si inserisce in un quadro di controlli già più rigorosi che, negli ultimi anni, ha coinvolto anche altri tipi di visto, come quelli per lavoratori specializzati H-1B, studenti e ricercatori. Inoltre, arriva mentre il governo statunitense prevede l’introduzione di un nuovo visa integrity fee da 250 dollari per molti visitatori internazionali, una tariffa che non riguarderà, tuttavia, i viaggiatori del Visa Waiver Program.

Le proteste 

Le associazioni del settore turistico hanno espresso forte preoccupazione sia per la nuova tassa sia per il previsto ampliamento dei controlli. Solo a novembre una coalizione di oltre 20 aziende del comparto viaggi aveva preso posizione contro il visa integrity fee, temendo un rallentamento significativo dei flussi turistici verso gli Stati Uniti. A questa apprensione si aggiunge ora la mancanza di consultazione preventiva da parte della C.B.P., che – secondo un rappresentante del settore rimasto anonimo – non ha informato gli operatori prima di rendere pubblica la proposta, definita «un’escalation significativa nelle procedure di controllo dei viaggiatori».

Diritto dell’immigrazione e digitale

Anche gli esperti di diritto dell’immigrazione hanno sottolineato la portata negativa della proposta. Lo studio legale Fragomen parla di un vero e proprio «cambiamento di paradigma» nel modo in cui il governo usa le informazioni online: non più per verificare dati specifici, ma come base per giudizi discrezionali su cosa le persone condividono o dicono sui social. Sul fronte dei diritti digitali, la reazione è altrettanto critica. Sophia Cope, avvocata dell’Electronic Frontier Foundation, sostiene che l’obbligo di fornire dettagli sugli account social «aggraverà i danni alle libertà civili», senza dimostrarsi efficace nell’individuare minacce reali. Al contrario, osserva Cope, la misura rischia di compromettere la libertà di espressione e la privacy dei viaggiatori e delle persone con cui sono in contatto negli Stati Uniti.

La finestra di 60 giorni e l’implementazione

La U.S. Customs and Border Protection ha aperto una finestra di 60 giorni per raccogliere commenti pubblici sulla proposta. Se approvata, potrebbe essere implementata gradualmente nelle settimane e nei mesi successivi. Secondo gli esperti, il risultato potrebbe essere un aumento dei tempi di attesa per l’autorizzazione al viaggio e un numero maggiore di viaggiatori sottoposti a controlli approfonditi. Al momento, l’agenzia non ha rilasciato commenti ufficiali.

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