Pensioni, la retromarcia del governo: «Nessun taglio a chi ha già riscattato la laurea». Ma resta il rinvio sull’età di uscita dal lavoro

Il governo prova a disinnescare una delle parti più contestate della stretta sulle pensioni anticipate e chiarisce in particolare che non ci sarà alcun effetto retroattivo sul riscatto della laurea. «Sono stati tenuti indenni tutti coloro che hanno fatto il riscatto fino adesso, quindi sono stati salvati i cosiddetti diritti acquisiti, e anche chi ha iniziato a pagare e non ha concluso», ha dichiarato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a margine dell’informativa alla Camera.
La nuova bozza
La precisazione arriva mentre in Parlamento è ancora aperto il confronto sulla riformulazione della norma contenuta nel maxi-emendamento alla manovra 2026. Il governo ha infatti depositato una nuova bozza di emendamento che dovrebbe cancellare l’ipotesi di riduzione progressiva del peso degli anni di studio riscattati ai fini del diritto alla pensione anticipata. Resterebbe, invece, l’allungamento delle finestre mobili, cioè il periodo di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’uscita effettiva dal lavoro. Giorgetti ha chiarito che la modifica cambia l’impostazione per il futuro, ma non penalizza chi ha già aderito al riscatto. «Per il futuro uno potrà riscattare ma saprà che quello che versa aumenterà la pensione che riceverà ma non inciderà rispetto alla data di pensionamento, è una logica puramente assicurativa», ha spiegato il ministro.
Le critiche politiche e sindacali
La parziale marcia indietro arriva dopo ore di tensione politica e pressioni sindacali. Anaao Assomed e Cimo-Fesmed, le principali sigle della dirigenza medica, hanno chiesto apertamente alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e all’esecutivo di ritirare l’intero intervento previdenziale inserito nel maxiemendamento alla manovra 2026. Nel mirino, soprattutto, la norma che ridimensionerebbe il riscatto della laurea per il pensionamento anticipato secondo le regole della legge Fornero. Secondo i sindacati, la misura colpirebbe in modo selettivo chi maturerà i requisiti dal 1° gennaio 2031 in poi, penalizzando lavoratori che hanno investito anni e risorse nel riscatto degli studi universitari. Una scelta definita «profondamente ingiusta» e potenzialmente in contrasto con i principi costituzionali. Nel pacchetto contestato rientra anche l’ulteriore allungamento delle finestre di decorrenza, dopo le modifiche già introdotte con la manovra del 2024.
