Secondo Natale senza Alberto Trentini, la mamma del cooperante detenuto da 405 giorni in Venezuela: «Un calvario, ho scritto due lettere a Maduro»

Da 405 giorni, Alberto Trentini è prigioniero a Caracas, in Venezuela. Oggi, però, è un giorno che porta con sé un peso ancora più grande, perché oggi è Natale. Detenuto da più di un anno nel carcere di El Rodeo, il cooperante veneziano non sa ancora per quale motivo sia stato privato della sua libertà, né quando potrà tornare a casa. Ma una cosa è certa: sua madre, suo padre, e pure i suoi concittadini lo stanno aspettando, e non smettono di lottare per il suo rilascio. «Non so rassegnarmi a un secondo Natale senza mio figlio. Io lo aspetto», racconta Armanda Colusso, la madre di Alberto, in un’intervista esclusiva a Chora News. «13 mesi senza Alberto sono stati un calvario, un’agonia interminabile. Siamo abituati alle sue assenze per motivi di lavoro, ma sempre con un contatto quotidiano. Ora c’è un senso di frustrazione e di angoscia però ci rimane un barlume di speranza che non possiamo spegnere».
La lotta della famiglia Trentini
Il Natale è un giorno speciale, ma per Armanda e la sua famiglia non ha lo stesso sapore di un tempo. Il pensiero di Alberto, rinchiuso in una minuscola cella a Caracas con altri prigionieri, senza poter tornare a casa, rende questo periodo dell’anno ancora più doloroso. E la madre non può fare a meno di immaginare le difficoltà che il figlio ha vissuto in questi mesi, il peso della solitudine e della sofferenza che sicuramente ha dovuto affrontare. «So che Alberto è dimagrito molto, e temo per le sue condizioni di salute. Ogni giorno che passa aumenta il nostro timore che il peso psicologico e fisico di questa prigionia lo stia logorando», aggiunge. «Immagino che al mattino, quando inizia la giornata, penserà il suo Paese lo ha abbandonato e io temo che tutto questo silenzio e senso di abbandono possono aver logorato la sua mente e la sua anima».
Le lettere a Maduro
Ma Armanda non si arrende. Con «la forza di una madre», continua a scrivere lettere al presidente venezuelano Nicolás Maduro, chiedendo la liberazione del figlio. «Gli ho scritto due volte – racconta ancora Armanda – e nelle mie lettere ho spiegato che Alberto era andato in Venezuela per aiutare il suo popolo, per sostenere i bisognosi, e che il suo lavoro non aveva nessuna connotazione politica. Ho poi aggiunto che Alberto è il nostro unico figlio, la nostra ragione di vita. E alla fine, da madre, l’ho supplicato di prendere in considerazione con benevolenza la mia richiesta di liberarlo». Le manifestazioni pubbliche di sostegno continuano a moltiplicarsi, anche grazie al lavoro delle organizzazioni internazionali per i diritti umani. L’ambasciatore Alberto López – scrive il Fatto Quotidiano – ha recentemente consegnato una delle lettera di Armanda a Maduro, chiedendo la liberazione del figlio.
L’appoggio di Mattarella e il videomessaggio di Brugnaro
Nel frattempo, la solidarietà per Alberto non arriva solo dai suoi familiari, ma anche dalle istituzioni. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha espresso la sua vicinanza alla famiglia Trentini con una telefonata alla madre di Alberto. Fonti vicine alla famiglia riferiscono che il presidente ha manifestato la solidarietà del popolo italiano, sottolineando l’importanza di un’azione coordinata per riportare a casa il giovane cooperante.
Anche il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha voluto fare sentire la sua vicinanza, dedicando un messaggio speciale all’operatore umanitario nel giorno di Natale. «Il pensiero di tutta la città di Venezia è con te, Alberto», ha dichiarato in un videomessaggio. «Speriamo che tu possa presto tornare a casa, sano e salvo, tra i tuoi cari e i tuoi amici. La tua storia è anche un segnale di speranza per tutti noi, per non arrenderci mai, anche nelle situazioni più difficili».
December 25, 2025
Il messaggio al governo italiano
Al governo, spiega ancora Armanda, «mi sono rivolta più volte per sollecitare e ribadire che per Alberto non è stato fatto quello che era necessario fare e che ci vuole un’azione più incisiva e coordinata. Inoltre – prosegue – voglio ricordare che Svizzera, Francia e Usa hanno portato a casa i loro prigionieri». La mamma di Alberto, poi, rivela che al suo Natale non riesce proprio a pensare. «Penso solo a quello di Alberto, rinchiuso da 405 giorni senza colpa. Per questo continueremo a chiedere alla stampa e a tutti gli italiani di pronunciare il nome di mio figlio, affinché qualcuno si stanchi di sentirlo e questo possa scuotere la coscienza di chi ha il potere di agire», conclude.
Foto copertina: ANSA/ANDREA MEROLA | Armanda Colusso, madre di Alberto Trentini (prima da destra), durante l’incontro pubblico alla Casa degli Autori, promosso dall’Associazione Articolo 21, Venezia, 28 agosto 2025
